NAPOLI – La Corte Costituzionale autorizza gli agricoltori con tesserino da caccia al contenimento dei cinghiali. Lo ha confermato la sentenza della Corte Costituzionale del 21 febbraio scorso, che consente di arginare la massiccia proliferazione di cinghiali, che oggi sono causa di evidenti danni agli ecosistemi territoriali e alla sicurezza dei cittadini. Da sempre al fianco delle imprese agricole Cia Campania definisce “epocale” la sentenza emessa dalla Corte, che permette di compiere un passo in avanti “agli agricoltori provvisti di tesserino da caccia, ai cacciatori abilitati, guardie venatorie e ambientali volontarie, di prendere parte alle operazioni di riduzione del numero dei cinghiali, a patto che siano adeguatamente formati” cita testualmente la sentenza.
Particolarmente incisive sul tema del contenimento dei cinghiali sono state le regioni e i ricorsi ai Tribunali Amministrativi presentati in tutta Italia. Ultimo in ordine di tempo, il ricorso al Tar presentato dalla Regione Toscana, “non per tutelare l’agricoltura e il settore primario, ma per fronteggiare una emergenza di ordine pubblico sollevata in capo alle Prefetture” come sottolineano gli esperti del settore interni a Cia, pronti a rilevare l’urgenza di una soluzione condivisa, soprattutto per i gravosi esborsi che le regioni sono costrette a pagare a seguito di cause depositate per danni prodotti. Spesso i danni non vengono denunciati da parte degli agricoltori, perché l’istruzione delle pratiche per il rimborso comportano ulteriori costi. La Confederazione ha rilevato che ad oggi la Regione Campania è stata costretta ad un esborso di oltre 1 milione di euro per danni derivanti da cause giudiziarie intentate per incidenti stradali.
Per Cia Campania la garanzia dell’ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini deve essere il primo passo per riconoscere anche gli ingenti danni subiti dagli agricoltori. L’ampliamento dei soggetti deputati alleoperazioni di contenimento devono consentire di mettere in sicurezza anche le colture, quindi di porre fine ad una delle maggiori criticità denunciate dagli agricoltori, in pressing per ottenere indennizzi. In Campania la stagione venatoria aperta da ottobre a dicembre è stata indebolita anche dalla necessità di evitare assembramenti, così che in pochi mesi diverse province hanno registrato vere e proprie invasioni.
Nell’ultimo anno l’emergenza sanitaria dettata dal Covid-19 ha prodotto infatti un sovraffollamento di cinghiali, che hanno invaso non solo campi e colture, devastando raccolti e danneggiando allevamenti, ma anche causando innumerevoli incidenti stradali. Cia Campania pertanto avanza una proposta in quattro punti: ripristino dell’abbattimento occasionale da parte del Comitato Tecnico Faunistico Regionale e consenta la tecnica della “girata” in tutte le province; autotutela degli agricoltori, ovvero la possibilità da parte degli agricoltori in possesso requisiti e autorizzazioni di poter esercitare il controllo nei terreni da loro condotti nei periodo delle colture in atto; un massiccio impiego dei selecontrollori soprattutto nelle zone interdette alla caccia, ovvero parchi e zone di ripopolamento e cattura; prevedere nel piano di gestione e controllo dei cinghiali che sta adottando la Regione Campania una filiera che coinvolga gli agricoltori e che vada anche nella direzione della tutela dei consumatori.
“La sentenza della Corte Costituzionale è un primo importante passo verso la modifica della legge 157, per passare dalla protezione degli ungulati alla gestione” ha commentato il presidente di Cia Campania Alessandro Mastrocinque. “Riteniamo però di dover continuare a lavorare in un’ottica risolutiva della gestione della fauna selvatica, per evitare danni ad agricoltori e cittadini” – e conclude- “Faremo un’azione presso la Regione Campania per ottenere disposizioni applicative della norma che vadano incontro alle esigenze degli agricoltori”. Per Cia Campania il nodo resta in capo alle legge quadro 157, animata da una logica di protezionismo, che la Confederazione intende ribaltare per arrivare ad una svolta risolutiva. “Bisogna entrare nella logica di gestione per controllare il sovraffollamento dei cinghiali che ha distrutto flora e fauna e abbiamo il dovere di tutelare le biodiversità. Quindi con la sentenza licenziata dalla Corte Costituzionale si compie un primo passo decisivo in quest’ottica: si affida ai selecontrollori- operatori formati, quindi anche agricoltori- la possibilità di gestire il sovrannumero e aprire le battute di caccia nelle zone chiuse e nei parchi”.