NOTE DI REGIA di Peppino Mazzotta
Si pensa sempre dopo. Quando tutto è finito. Nel dopo c’è tempo e spazio per riflettere.Mentre le cose accadono abbiamo la vista corta. Il durante manca della giusta distanza.Ma il dopo arriva quando ormai è tardi. E’ un tempo spento in cui si può solo pensare a cosa è stato, sforzarsi di capire perché èstato esattamente così e rammaricarsi del fatto che forse avrebbe potuto esserediversamente, se solo avessimo saputo prima, quello che dopo, ci è sembrato così chiaro.Dopo si può solo raccontare. Il racconto è un modo per ripercorrere, ricostruire,ricordare; serve a mettere in ordine gli eventi, stabilendo connessioni tra cause ed effetti,nella speranza , forse vana, di poter arrivare più lucidi e consapevoli all’appuntamentocon il prossimo incidente, la prossima emergenza. Non tutti gli anni sono uguali. Alcuni restano, altri scompaiono. Alcuni passano in fretta altri sembrano non finire mai. Un anno può risultare degno di essere ricordato o da dimenticare. Dipende da cosa ci è capitato di bello o di brutto. Tra gli anni significativi c isono quelli che si impongono al ricordo per un avvenimento che ha segnato la vita d itutti. Ma anche quelli che ognuno ricorda per un fatto particolare che ha segnato solo la propria esistenza senza coinvolgere la collettività. Dei secondi non si può parlare che con pochi, perché ai molti non interessano. Dei primi invece possiamo condividere ogni singola emozione con la certezza di trovare sempre nell’interlocutore lo specchio accogliente che ce la restituisce riflessa. Poi c’è il 1981. Un anno eretico, che ricordiamo non perché hanno attentato alla vita di un presidente o di un papa, ma perché una tragedia, che ha colpito qualcuno che neanche conoscevamo, ci ha travolto come se fosse accaduta a noi in prima persona. Il dolore diun prossimo del tutto anonimo ci è sembrato fosse il nostro dolore. Di papa ce n’è uno solo e quello che gli succede , per quanto tragico , non può accadere a tutti. Ma di figli e di fratelli ce ne sono tanti, tanti in ogni famiglia, e se uno di loro si perde allora vuol dire che si possono perdere tutti. Alfredo Rampi e Roberto Peci, attraversando un supplizioimmeritato, senza saperlo si sono scoperti migliaia di padri, di madri di fratelli e sorelle.Nel giugno del 1981 l’esperienza privata, invece di ripiegare su se stessa, rimanendo neiconfini protetti dell’intimo , si espande fino a coincidere con quella di un’intera comunità.Il 1981 è il primo anno di una nuova era. Anche se chi, in quell’inizio d’estate afoso di 40 anni fa, rimase incollato al televisore per ore a seguire gli sviluppi di un salvataggio e di un rapimento, non poteva neppure immaginarlo. Non poteva sapere di essere il prototipo del nuovo cittadino. Non poteva immaginare che quel momento rappresentava una linea di demarcazione tra un prima e un dopo, un punto di non ritorno. Per la prima volta il dolore privato diventava esperienza pubblica, materiale mediatico da spolpare fino a scarnificarlo. Ma il dopo non è stato quello della riflessione, della comprensione e della rettifica; èstato il dopo militante dei media sciacalli, dell’uso e dell’abuso pubblico della sofferenzaprivata, della fine del pudore, giustiziato nella pubblica piazza in nome dell’ostentazioneoscena senza se e senza ma.
venerdì 21 ottobre 2022 ore 20.30
sabato 22 ottobre 2022 ore 20.30
domenica 23 ottobre 2022 ore 18.00