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Gli Allievi dell’Accademia di Canto Lirico e l’Orchestra del Teatro di San Carlo diretti da Maurizio Agostini

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NAPOLI – Gli Allievi dell’Accademia di Canto Lirico del Teatro di San Carlo, insieme all’Orchestra del Massimo napoletano diretta da Maurizio Agostini, saranno protagonisti sabato 10 dicembre alle ore 19 del secondo appuntamento della Stagione di Concerti 2022/2023.

In programma arie da opera e ouverture dai capolavori di Wolfgang Amadeus Mozart, Gioachino Rossini, Vincenzo Bellini, Gaetano Donizetti, Giuseppe Verdi e Giacomo Puccini.

Il concerto sarà eseguito anche in tournée nella sala Dvořák dell’Auditorium Rudolfinum di Praga, sede della Filarmonica Ceca, il prossimo 18 dicembre nell’ambito delle celebrazioni per il centenario della fondazione dell’Istituto Italiano di Cultura di Praga, promosso dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, dalla Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia e l’Istituto Italiano di Cultura di Praga.

Ad aprire la scaletta l’ouverture da Guglielmo Tell di Gioachino Rossini, cui segue “O rendetemi la speme… Qui la voce sua soave” tratta da I puritani di Vincenzo Bellini interpretata da Maria Sardaryan, “Una voce poco fa” da Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini interpretata da Laura Ulloa, e “Firenze è come un albero fiorito” da Gianni Schicchi di Giacomo Puccini cantata dal tenore Li Danyang.

 

Il programma prosegue con l’ouverture da I vespri siciliani di Giuseppe Verdi, “Una furtiva lagrima” da Elisir d’amore di Gaetano Donizetti eseguita dal tenore Giorgi Guliashvili e, dello stesso autore, “Ardon gli incensi” da Lucia di Lammermoor, interpretato da Maria Sardaryan.

 

E ancora “Madamina il catalogo è questo” da Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart eseguita dal baritono Takaki Kuriara, “Un bel dì vedremo” da Madama Butterfly di Giacomo Puccini interpretata da Chiara Polese e “Caro nome” da  Rigoletto di Giuseppe Verdi cantato da Laura Ulloa.

 

Infine, sarà eseguito “Intermezzo” da Manon Lescaut di Giacomo Puccini, Li Danyang interpreterà “La donna è mobile” da Rigoletto di Giuseppe Verdi,  Chiara Polese canterà “Vissi d’arte” da Tosca di Giacomo Puccini e Maria Sardaryan interpreterà “Der Hölle Rache” da Die Zauberflöte di Wolfgang Amadeus Mozart.

 

 

Guida all’Ascolto dal programma di sala del concerto

di Dinko Fabris

 

Il secolo d’oro del belcanto da Mozart a Puccini: dare voce alle nuove generazioni

 

Questo programma è stato in parte concepito per la prima tournée internazionale dell’Accademia di Canto Lirico del Teatro di San Carlo, che parte con un concerto a Praga il prossimo 18 dicembre 2022 per celebrare il centenario della creazione in quella capitale del primo Istituto Italiano di Cultura all’estero. Fin dall’inizio del suo mandato il Sovrintendente Stéphane Lissner aveva proposto l’istituzione di una Accademia del Teatro di San Carlo, sul modello di quelle da lui volute prima alla Scala di Milano poi all’Opéra di Parigi. Dopo aver selezionato su centinaia di candidati una ristretta cerchia di una dozzina di giovani cantanti italiani e di diversi paesi del mondo,  l’Accademia del Teatro di San Carlo ha avviato il suo percorso formativo sotto la direzione di Ilias Tzempetonidis e la cura didattica affidata ad una delle più luminose voci del Belcanto italiano del nostro tempo, Mariella Devia. Dopo un primo debutto pubblico nell’estate 2021 al Palazzo Reale in occasione della mostra su Don Chisciotte (con esecuzione di arie dall’omonima opera di Paisiello, che sarà riprodotta integralmente al termine della tournée internazionale a Parigi nel 2023) e l’esordio con un recital per voci e pianoforte nella sala storica del San Carlo, per il concerto di questa sera, inserito nella Stagione concertistica sancarliana, la giovane compagine dell’Accademia propone simbolicamente, dopo un omaggio a Mozart, una scelta di pagine immortali delle cinque “corone” italiane del melodramma ottocentesco: Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi e Puccini, alternate a un Intermezzo e a Ouverture strumentali eseguiti dall’Orchestra del Teatro di San Carlo. Noteremo che oggi si tende ad assegnare alla parola Belcanto un significato meno legato cronologicamente ad un periodo storico ed a precise tecniche esecutive, restituendo l’idea etimologica della bellezza dell’intonazione vocale virtuosistica, mai piegata alla tecnica fine a se stessa.

Tutti gli autori in programma sono strettamente collegati a Napoli e in particolare alla storia del massimo teatro napoletano. Nel 1770 Wolfgang Amadeus Mozart, ancora quattordicenne, giunse a Napoli col padre Leopold allo scopo di abbeverarsi alla fonte di quelli che erano considerati allora i maggiori compositori d’opera del mondo, i napoletani. Ascoltò un’opera di Jommelli al Teatro di San Carlo, che aveva allora già 43 anni di vita e ricevette la promessa della commissione di un’opera che purtroppo non fu poi mai scritta. Quando più tardi a Vienna Wolfgang Mozart stava completando la sua celebre trilogia italiana col librettista Da Ponte, non poteva sapere che la vicenda originale di Don Giovanni di Tirso de Molina, da cui derivava il libretto della seconda opera dapontiana, era ambientata a Napoli così come alla capitale borbonica riportava un più vicino antecedente, Il convitato di pietra, musicato da Giacomo Tritto, con Pulcinella al posto del servo di Don Giovanni, Leporello, colui che canta l’ “aria del catalogo”. Un’altra eco del viaggio a Napoli si ritrova nell’ultima opera di Mozart rappresentata poche settimane prima della sua scomparsa, nel 1791, Die Zauberflöte (Il Flauto magico): Wolfgang ragazzo era stato così impressionato dalla visita al Tempio di Iside, riscoperto perfettamente integro negli scavi di Pompei nel 1764, da volerne una riproduzione per la scenografia originale del suo Singspiel di forte impostazione massonica. La seconda, funambolica, aria della Regina della notte “Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen” (La vendetta dell’Inferno ribolle nel mio cuore) è del resto modellata sulle tante arie di furore tipiche del melodramma italiano, e specialmente napoletano, della seconda metà del Settecento. Con Mozart e i suoi contemporanei italiani si può dire che nasca il periodo d’oro del Belcanto, una vera estetica sonora piuttosto che uno stile esecutivo, che dominò per quasi un secolo le scene dei principali teatri del mondo, attraverso generazioni di straordinari interpreti, dive e divi osannati come e forse più delle odierne pop-star, che avevano a disposizione un repertorio di straordinario livello tecnico e artistico creato appunto dalle già ricordate “corone” dell’opera italiana, insieme a tanti coetanei oggi in gran parte dimenticati.

Il giovane Vincenzo Bellini, giunto a Napoli dalla nativa Catania per studiare al Conservatorio napoletano, fece il suo debutto a 24 anni sulle scene del Teatro di San Carlo nel 1826, invitato dall’impresario Domenico Barbaja che volle poi lanciarne il talento alla Scala di Milano aprendone la carriera internazionale. I Puritani, l’opera conclusiva del catalogo belliniano, era stata concepita per l’Opéra di Parigi ma avrebbe dovuto essere riproposta subito dopo al Teatro di San Carlo, in una versione appositamente redatta da Bellini: la morte prematura del compositore e una sfortunata spedizione lo hanno impedito, ma la recente ripresa filologica al San Carlo nel settembre scorso ha consentito di apprezzare un capolavoro non spesso eseguito. “O rendetemi la speme/Qui la voce sua soave” è il momento intenso e dolce in cui si manifesta la pazzia per amore della protagonista dei Puritani, Elvira, di fronte allo zio Giorgio e al rivale del suo promesso sposo, Riccardo.

Anche Gioachino Rossini era stato scoperto giovanissimo dall’intuizione dell’impresario Barbaja, che lo invitò a Napoli nel 1815 e subito dopo gli affidò la direzione del Teatro di San Carlo, dove il pesarese rimase fino al 1822, producendo sulle scene napoletane alcuni dei suoi più importanti capolavori prima di trasferirsi definitivamente a Parigi. Qui la sua carriera fu chiusa con un Grand Opéra in francese, il Guillaume Tell, nel 1829. Rossini aveva esordito con farse e opere comiche che ne avevano già messo in luce le qualità, fase culminante con il celebre Barbiere di Siviglia, che ebbe la prima a Roma nel 1816: “Una voce poco fa” è la cavatina di esordio della protagonista Rosina, brano dalle temibili difficoltà tecniche.

Dopo la partenza di Rossini, fu chiamato a dirigere il Teatro di San Carlo Gaetano Donizetti, che aveva studiato nella nativa Bergamo ma che avrebbe poi scritto la gran parte delle sue opere più acclamate proprio nel lungo periodo di permanenza a Napoli, prima di partire a sua volta per l’avventura di Parigi. Anche lui, come Rossini, scrisse come sua ultimo titolo per Parigi nel 1840 un Grand Opéra in francese, La Favorite, rielaborazione a sua volta di un soggetto storico ambientato a Napoli (L’ange de Nisida). Tra i tanti titoli “napoletani” di Donizetti il posto d’onore spetta certamente alla sua Lucia di Lammermoor, che ebbe la prima al San Carlo nel 1835, iniziando da lì un percorso mondiale che non si è mai arrestato. Sarà questa un’occasione per confrontare la precedente aria di follia belliniana con questa celeberrima della protagonista di Lucia, nel finale dell’opera. Uno dei momenti più alti del teatro musicale di tutti i tempi.

Giuseppe Verdi, il più grande operista della seconda metà dell’Ottocento, fu a Napoli quattro volte presentando al San Carlo alcuni dei suoi lavori più importanti, in alcuni casi prime assolute: Alzira, Luisa Miller e la prima versione in italiano de Les vêpres siciliennes (l’originale era stato composto come Grand Opéra e presentato in francese al teatro di Parigi nel 1855) oltre a una importante versione ampiamente riveduta del Don Carlo in italiano. Rigoletto, del 1851, appartiene (con Traviata e Trovatore) a quel periodo creativo di enorme successo per il quale fu coniato il termine di “Trilogia popolare” e del resto “La donna è mobile” – la melodia beffarda intonata dal duca di Mantova nel III e ultimo atto del Rigoletto, prima del tragico epilogo della vicenda – è una delle arie per tenore più famose dell’intera storia della musica (ne esiste un’ incisione storica con la voce di Enrico Caruso). All’atteggiamento cinico del duca si contrappone l’aria iniziale di Gilda, “Caro nome”, in cui la ragazza ignara di essere stata ingannata canta la felicità dell’amore appena scoperto e descrive l’innocenza della figlia di Rigoletto che resterà fedele a quell’amore fino al sacrificio supremo, come nelle profetiche parole finali dell’aria: “E fin l’ultimo sospir, caro nome, tuo sarà.”

Tutti i compositori di questo concerto, oltre che con Napoli, sono collegati a Parigi: le due città non per caso furono giudicate da Stendhal “le sole due capitali”. Alcuni di loro ebbero con la capitale francese un rapporto ambivalente, a volte difficile, a cominciare dal giovane Mozart, fino a Bellini e Donizetti che pure vi avevano trionfato nel finale della loro vita. A Parigi sono ambientate alcune delle opere più celebri di Giacomo Puccini, a cominciare da Manon Lescaut nel 1893, un testo di origine settecentesca già musicato in francese da Jules Massenet dieci anni prima. L’Intermezzo che precede l’attuale secondo atto dell’opera, giustamente famoso, è considerato un prototipo per i numerosi simili numeri strumentali inseriti negli anni successivi dai compositori cosiddetti “veristi” nelle loro opere più celebri, a cominciare da Mascagni nella Cavalleria rusticana. Di ambientazione totalmente differente è Madama Butterfly, trionfo dell’esotismo di primo Novecento presentata da Puccini alla Scala di Milano nel 1904 con enorme successo. Uno dei punti nevralgici dell’opera è l’aria della protagonista Cio-Cio-San (la geisha chiamata “madama Butterfly”) che, rivolta alla sua cameriera Suzuki, descrive la sua traboccante felicità per l’imminente ritorno del suo sposo americano, Pinkerton: ma la visione è frutto della sua illusione che la porterà al tragico epilogo. In Tosca, allestita per la prima volta a Roma nel 1900, la protagonista del titolo è una cantante e dunque Puccini si misura con la tecnica del “teatro nel teatro”, ancor più pregnante nella celebre aria del II atto in cui Floria Tosca intona una preghiera a Dio in cui descrive il suo mestiere di artista: è la sua reazione inorridita alla richiesta del capo della polizia papalina, Scarpia, di ottenere il suo corpo in cambio della vita dell’amante pittore Mario, e non a caso dopo questo momento di estrema intensità si compie l’atto liberatorio con cui Tosca uccide il suo persecutore. Quasi vent’anni dopo Tosca, Puccini scrisse la sua unica opera comica, Gianni Schicchi, presentata al Metropolitan Opera di New York nel 1918 come parte del famoso “Trittico” (con Tabarro e Suor Angelica) ma ebbe poi anche vita autonoma derivata dal particolare favore del pubblico. La trama fu sviluppata dal librettista Giovacchino Forzano a partire da un episodio del canto XXX dell’Inferno di Dante: l’estroso Gianni Schicchi accetta la proposta indecorosa dei parenti dell’appena defunto Buoso Donati di recitare la parte di quel ricco mercante col notaio che dovrebbe registrare un testamento a loro favore, ma gioca d’astuzia intestando tutto a se stesso e proteggere cosi l’amore di due ragazzi, Lauretta e Rinuccio. Ed è proprio quest’ultimo ad intonare parole che descrivono la giovinezza e la primavera dell’amore: “Firenze è come un albero fiorito”, dove si trovano espressioni come “le radici…forze nuove… Firenze germoglia… l’Arno canta…e il suo canto è si dolce e sì sonoro”. Con questo omaggio alla giovinezza e all’amore si chiude il cerchio aperto in questo programma dal compositore sempre giovane per antonomasia, ossia Mozart, programma affidato alle giovani promesse del canto lirico che da Napoli cominciano il loro percorso europeo.

ORCHESTRA E ACCADEMIA DEL TEATRO DI SAN CARLO

Teatro di San Carlo
sabato 10 dicembre 2022, ore 19

 

Direttore | Maurizio Agostini

 

Allievi dell’Accademia del Teatro di San Carlo

Soprani | Laura Ulloa, Chiara Polese, Maria Sardaryan
Tenori| Li Danyang, Giorgi Guliashvili
Baritono | Takaki Kurihara

 
Programma

Gioachino Rossini
Guglielmo Tell, Ouverture

 

Vincenzo Bellini
I puritani, “O rendetemi la speme… Qui la voce sua soave”
Maria Sardaryan | Soprano

 

Gioachino Rossini
Il barbiere di Siviglia, “Una voce poco fa”
Laura Ulloa | Soprano

 

Giacomo Puccini
da Gianni Schicchi, “Firenze è come un albero fiorito”
Li Danyang | Tenore

 

Giuseppe Verdi
I vespri siciliani, Ouverture

 

Gaetano Donizetti
da L’Elisir d’amore, “U
na furtiva lagrima
Giorgi Guliashvili| Tenore

 

Gaetano Donizetti
Lucia di Lammermoor, “Il dolce suono… Spargi dʼamaro pianto”
Maria Sardaryan | Soprano

 

Wolfgang Amadeus Mozart
da Don Giovanni, “Madamina il catalogo è questo”
Takaki Kuriara | Baritono

 

Giacomo Puccini
da Madama Butterfly, “Un bel dì vedremo”
Chiara Polese | Soprano

 

Giuseppe Verdi
da Rigoletto, “Caro nome”
Laura Ulloa | Soprano

 

Giacomo Puccini
da Manon Lescaut, “Intermezzo”

 

Giuseppe Verdi
da Rigoletto, “La donna è mobile”
Li Danyang | Tenore

 

Giacomo Puccini
da Tosca, “Vissi d’arte”
Chiara Polese | Soprano

 

Wolfgang Amadeus Mozart
da Die Zauberflöte, “Der Hölle Rache”
Maria Sardaryan | Soprano

 

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