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Napoli

Salviamo l’ortografia della lingua napoletana

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Napoli- di (Vania Fereshetian)

Siamo in compagnia dell’eclettico Artista napoletano Enzo Carro. Autore, attore, cantautore, musicista e scrittore. Una vita dedicata alla musica e alla melodia che emana la sua chitarra, arricchita dalla bellissima voce da tenore che possiede. Enzo, oltre al dar vita a una collana di “spettacoli da leggere”, ci ha già regalato: una storia del canto a Napoli, un manuale per comici, una bizzarra guida di Firenze, un romanzo breve, una raccolta di racconti umoristici, un insolito florilegio di poesie, un dizionario dei sinonimi e contrari, un trattato di fisica quantistica sulla risata. Uomo dalle mille sfaccettature, amante delle tradizioni della sua bella Napoli. Cultore e studioso della lingua napoletana scrive: Ortografia della lingua napoletana. Un testo dove poter attingere e imparare questa lingua così complicata, ma tanto amata.
Alla domanda come nasce questa sua passione, Enzo ci risponde così:

“Una decina di anni fa mi chiesero di partecipare, in qualità di giurato, a un concorso di poesie napoletane. Confesso che nel leggerle rimasi più colpito dal modo in cui erano state scritte piuttosto che dal contenuto poetico: avevo scoperto che non esisteva una sola ortografia napoletana, ma addirittura tre, ognuna delle quali con diverse varianti.

Infatti, oltre a coloro che avevano scritto la propria poesia ispirandosi alla grafia storica (quella dei nostri più famosi poeti e letterati: Bovio, Di Giacomo, De Filippo, ecc.), mi resi conto che c’erano altri che avevano seguito le proposte di qualche nuovo linguista (in cui si esorta l’utilizzo di nuove lettere, nuove regole, ecc.) e altri ancora che addirittura s’erano inventati un’ortografia tutta propria. Questa terza categoria, che per comodità di linguaggio definisco “fai da te”, in linea di massima tende a scrivere solamente i suoni che vengono pronunciati. Ad esempio, per dire la frase “me ne vado da Napoli”… uno scrisse“m n vac a Napl”.

Poiché ebbi il sentore che l’ortografia della mia amata lingua si stesse dirigendo verso una colossale babele, decisi che nel mio piccolo avrei dovuto fare qualcosa per contribuire almeno in parte a “salvare il salvabile”.

La studiai a fondo e nel 2017 diedi alle stampe ORTOGRAFIA DELLA LINGUA NAPOLETANA, un testo con cui imparare e/o insegnare sia la grafia storica (con le sue varianti) sia le proposte dei nuovi linguisti, ma… mi imposi che doveva essere semplice, affinché tutti potessero comprenderlo e utilizzarlo! E come“supplemento” realizzai una ventina di video-lezioni con cui diffonderlo tramite YouTube.

A titolo esplicativo espongo solo uno dei vari “problemi” che ha l’ortografia storica, insieme alla relativa proposta di qualche nuovo linguista e a una curiosa soluzione escogitata da un amante del “fai da te”!

Il suono dell’italiano SC (quello dolce delle parole scendere, sciacquare, scemo, ecc.) è presente anche nel napoletano e lo si scrive nella stessa identica maniera(scennere, sciacquà, scemo, ecc.), ma nella nostra lingua tale suono “spunta fuori” anche quando la S è seguita dalle consonanti B, C, F, G, M, P, Q e V.In altre parole, in napoletano, la S delle parole sbuttunà, scassà, sfucà, sgamà, smuntà, sputà, squartà e svitàva pronunciata come se fosse una SC dolce! Ma… come trascriverla?

Come scrivere tali parole? Chi segue l’ortografia storica le scrive “all’italiana” e le pronuncia “alla napoletana”; qualche nuovo linguista propone di mettere sulla lettera S un háček (un accento, presente nelle lingue slave, a forma di piccola V posto su alcune lettere), che quindi diventa Š… mentre i “fai da te” si lanciano sovente in bizzarri esperimenti: scbuttunà, schbuttunà, shbuttunà, ecc. facendo rivoltare nella tomba i vari Bovio, Russo e Di Giacomo.

È ovvio che gli sforzi dei nuovi linguisti sono da considerare come manna che scende dal cielo (perché saremmo tutti felici di “scrivere bene” la nostra musicalissima lingua), ma… ho l’impressione che prima o poi possano anch’essi causare una qualche rischiosa confusione!

Mi spiego meglio.Uno degli scopi di tali linguisti è quello di cercare di raggiungere una massima “corrispondenza scientifica” fra i suoni di una lingua e la sua ortografia. Ma tutti sappiamo che la ricerca, in qualsiasi campo, solo raramente ha un punto di arrivo: perché si desidera sempre di migliorare! Quindi c’è da aspettarsi che più passeranno gli anni più si troveranno e si proporranno nuove soluzioni.

Finora quasi tutti sono d’accordo sull’utilizzo dell’accento circonflesso (una piccola V capovolta posta sulle vocali) per risolvere i problemi con le crasi, cioè con le fusioni di più vocali. Ad esempio, la parola “hai” in napoletano è sempre stata scritta “haje” e pronunciata “é”, i linguisti propongono “hê”.

Ma va da sé che potrebbero arrivare anche le proposte per sostituire una volta per tutte i vari digrammi (ch, ci, gh, gi, gl, gli, gn e sc) con le lettere di altri alfabeti. Come, ad esempio, la tilde spagnola sulla n per il digramma gn (sogno → soño) e la già citata háček slava sulla s per il digramma sc dolce (scarpa → šcarpa).

Ma qualcuno – per raggiungere la precisissima uniformità fra il parlato e lo scritto – potrebbe arrivare a proporre la sostituzione del nostro intero alfabeto con quello dell’API (Alfabeto Fonetico Internazionale),e così avremmo la lettera k al posto di ch (chiuso → kiuso) eil segnoʧ al posto di ci (ciao → ʧiao);la lettera g al posto di gh (ghianda → gianda) eil segnoʤ al posto di gi (giostra → ʤiostra), e così via.

Quindi, ci si chiede, ma è più sensato avere un’ortografia che cambia ogni volta che avviene una nuova scoperta oppure è più sensato mettere l’attenzione sul salvaguardare l’ortografia storica? Qualcuno dice che la “soluzione” dovrebbe spettare ad un’Accademia della lingua napoletana, ma che – purtroppo – al momento tarda a costituirsi.
Ecco quindi venire alla luce la mia ORTOGRAFIA DELLA LINGUA NAPOLETANA e il suo accorato appello”.
Continua poi affermando:

«La scrittura della nostra amata lingua sta passando un brutto momento: sembra proprio che ognuno ne abbia una propria! Ma perché, fra i tanti libri di testo presenti nelle librerie, è preferibile scegliere e divulgare proprio questo testo?

1) Perché è l’unico che riporta tutti i vari modi in cui si è scritto in napoletano dal lontano 1300 fino al secondo dopo guerra del XX secolo. Ed è stato compilato nella speranza di salvaguardare tale ortografia.

2) Perché è l’unico che elenca tutti gli illimitati monosillabi napoletani e i vari modi in cui scriverli (più della metà del libro è dedicata a questo problema).

3) Perché è l’unico che prende in considerazione tutte le migliorie che i vari moderni linguisti hanno sinora proposto.

4) Perché è l’unico che fa appello ai linguisti di riunirsi in Accademia e di rendere univoca e definitiva la scrittura del napoletano.

5) Perché in attesa di sapere come si dovrà scrivere in futuro… che almeno si sappia come si è scritto in passato.

6) Perché il tempo a disposizione è poco e se non si fa qualcosa adesso… il futuro della nostra lingua sarà irrimediabilmente una totale anarchia ortografica.»

Aver ascoltato Enzo è stato un vero piacere e, dopo un suo saluto accompagnato da un sorriso accattivante, a noi, non resta che correre a leggere ORTOGRAFIA DELLA LINGUA NAPOLETANA. Per saperne di più, per essere informati, per conoscere la nostra lingua!

 

 

 

 

 

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