CAPRI – Si apre il sipario sulla VII edizione del Festival del Paesaggio di Anacapri: fino al 5 novembre 2023, la rassegna ideata e curata da Arianna Rosica e Gianluca Riccio animerà gli spazi suggestivi della Fondazione Axel Munthe – Villa San Michele e diversi luoghi pubblici del centro storico di Anacapri, Capri.
Dal titolo “Building new identities – Costruire nuove identità”, la nuova edizione è dedicata all’artista ucraino scomparso a maggio Ilya Kabakov. La moglie Emilia Kabakov, che insieme a Ilya era stata tra i protagonisti della rassegna nel 2022, gli rende omaggio con il progetto speciale Flying Komarov, un video di animazione inedito realizzato dalla coppia, che fonde sogno virtuale e realtà, immaginario e tangibile.
Quest’anno il Festival si interroga sul concetto di identità fuori dagli schemi, e al tempo stesso ridefinisce quella culturale dell’Isola al di là degli stereotipi e della sua patina glamour.
Lo spunto è il vivace clima artistico che tra Ottocento e Novecento si respirò a Capri, anche grazie alla grande Villa che ospita la manifestazione, fatta costruire dal medico svedese nel 1895. In quel periodo, l’Isola divenne l’approdo di illustri personaggi della cultura internazionale: il luogo in cui ognuna di queste figure dalle molte facce – dalla maschera ferina della marchesa Casati Stampa a quella decadente di Jacques Fersen, sino a quella ambigua e più frivola di Compton Mackenzie per citarne alcuni – coltivò la speranza di una libertà virginale, di una piacevolezza che non costringesse a venire a patti con l’uniformità dei comportamenti sociali borghesi, nel segno di un’insularità che, da geografica, si trasformò in un modello esistenziale.
Partendo da questa tradizione, che individua nell’Isola di Capri il territorio privilegiato per sperimentare nuovi comportamenti sociali e vi riconosce il luogo ideale per la definizione di identità altre e di una nuova relazione con il paesaggio, si sviluppano le linee guida dell’edizione 2023.
“In una fase storica come l’attuale, in cui il significato dell’essere umani è messo in discussione dall’azione pervasiva di agenti e intelligenze artificiali, ci interessa riflettere su possibili strategie di resistenza a questo inquadramento tecnico-scientifico, che tende sempre più a ridurre l’identità individuale a un insieme di dati da estrarre a fini commerciali o, peggio, a territorio di controllo e di sorveglianza capillare. Nella storia culturale di Capri abbiamo rintracciato un insieme di esperienze estetiche e di biografie artistiche che, a cavallo tra ‘800 e ‘900, avevano riconosciuto nell’Isola il perimetro di un’utopia praticabile e in qualche modo replicabile, che si traduceva nella possibilità di sperimentare modelli esistenziali alternativi a quelli dominanti e di realizzare progetti comunitari ispirati a logiche partecipate, nel solco di un contatto diretto con il paesaggio naturale. Abbiamo perciò deciso di riprendere il filo di una storia interrotta e invitare una serie di artisti di diverse generazioni e provenienti da differenti realtà, a dar vita a nuovi modelli culturali, estetici, sociali.” raccontano i curatori.
Humberto e Fernando Campana, Paolo Canevari, Goldschmied & Chiari, Ibrahim Mahama, Matteo Nasini, Elisa Sighicelli, Alberto Tadiello, sono gli artisti chiamati a realizzare installazioni site-specific, progetti speciali e interventi di arte pubblica, interpretando, attraverso linguaggi e forme espressive diversificate, quel tentativo di fusione tra arte e vita, di connubio tra esperienza estetica e dimensione esistenziale, di mutuo scambio tra forme artificiali e naturali, che a Capri e proprio a Villa San Michele, trovò uno dei suoi epicentri e uno dei massimi esempi architettonici.
Ad accogliere i visitatori nel percorso espositivo che si snoda attraverso gli spazi della Villa, è l’artista ghanese Ibrahim Mahama, protagonista della prima edizione di The Flag project, progetto d’arte pubblica realizzato in collaborazione con la Fondazione Axel Munthe. Mahama coltiva da diversi anni una ricerca che, attraverso la trasformazione di materiali umili – desunti dalla realtà storica, culturale e socio-politica ghanese – affronta temi e problemi legati alla migrazione, ai processi connessi con la globalizzazione, al lavoro e alla circolazione delle merci e delle persone attraverso confini e nazioni, nella cornice di una condizione umana universale.
Il progetto Untitled attribuisce nuovi valori semantici ai tre maestosi pennoni all’ingresso della Villa, che solitamente accolgono le bandiere svedese, italiana ed europea. Al loro posto, tre maxi stendardi, realizzati dall’artista ghanese assemblando sacchi di juta provenienti dalle multinazionali che abusano delle materie prime africane. L’intervento site-specific, trasfigurando il significato simbolico dei supporti, si appella alle identità nazionali per testimoniare lo sfruttamento del mondo occidentale nei confronti dei paesi del cosiddetto terzo mondo. In linea con il tema del Festival, Mahama propone nuove identità collettive, non più codificate, ma comunitarie e partecipate, fondate sul superamento dei confini.
Negli spazi del chiostro al piano terra, l’artista veneto Alberto Tadiello presenta 13, scultura sonora del 2015 ripensata appositamente per il contesto della Villa. Due speaker, disposti uno di fronte all’altro, si guardano dall’alto dei rispettivi supporti metallici. Così vicini, i due diffusori alludono alla presenza di due bocche rinchiuse in un corpo meccanico: due presenze astratte, due identità disperse nel tempo, di cui resta solo il suono di una dolce melodia – Thirteen, traccia tratta dall’album Hospice della band americana The Antlers. Cantata da una voce femminile cristallina, proveniente da un tempo incerto e indefinito, la canzone, dà corpo allo spazio di una relazione d’amore che in quegli antichi ambienti potrebbe essersi consumata, rievocata attraverso la sensorialità immateriale di una melodia diffusa.
Nella casa-museo, le opere di Paolo Canevari e del duo Goldschmied & Chiari (Sara Goldschmied ed Eleonora Chiari) dialogano con gli oggetti custodi della memoria dell’antico proprietario della Villa, il medico svedese Axel Munthe
Paolo Canevari ha concepito una serie di interventi scultorei che dalla grande sala da letto al primo piano si spingono fin nel giardino. Le sculture, realizzate assemblando tubi desunti dal mondo dell’edilizia, sono impiegate in questo contesto per costruire e sperimentare nuove identità, proprio come gli antichi residenti di Villa San Michele – in primis la Marchesa Casati Stampa – avevano immaginato di interpretare. L’artista romano ha immaginato gli spazi interni ed esterni della Villa come il luogo d’incontro tra mondo naturale e universo meccanico, tra storia e presente: un territorio in cui questi ‘corpi innocenti’, identità ancora in costruzione, possano animarsi e dialogare con ciò che li circonda.
In questo modo, gli assemblage ferrosi di Canevari, piuttosto che disporsi come testimoni nostalgici di un passato lontano, sono le mute presenze convocate a riattivare lo spirito rivoluzionario e trasgressivo del passato.
Goldschmied & Chiari presentano una serie di opere specchianti di differenti forme e misure, create ad hoc per il Festival e disseminate all’interno dell’appartamento al primo piano. Grazie alle immagini stampate sul vetro, gli specchi delle due artiste tradiscono la loro funzione convenzionale e sono impiegati come superficie di rappresentazione dal sapore quasi pittorico. Supporto per una rifrazione deformata – cromaticamente e sensorialmente – degli ambienti in cui sono inseriti, gli specchi funzionano come un dispositivo capace di evocare i colori e le luci del paesaggio mediterraneo e, al tempo stesso, di alterare la percezione delle stanze della Villa e degli oggetti in essa custoditi, definendo un’intensa relazione tra tempo atmosferico e tempo storico; tra dimensione domestica cui appartengono e le forme della natura che evocano. Gli specchi di Goldschmied & Chiari non riflettono, ma riverberano un paesaggio interiore e le atmosfere di un tempo lontano riflesso all’interno del loro perimetro; superfici attraverso cui guardare l’esterno dall’interno.
Nell’antico Cubiculum, posizionato all’estremità meridionale del grande giardino di Villa San Michele, si trova la scultura Cativeiro Chandelier di Humberto e Fernando Campana. L’opera del 2021, un grande candelabro bronzeo dalle forme vagamente zoomorfe e teriomorfe, è un inedito della collezione Brazilian Baroque realizzata dai due grandi designer latino-americani con la collaborazione di antichi laboratori artigianali romani specializzati nella lavorazione del marmo e del bronzo, in occasione della mostra allestita negli spazi della Galleria Cortona di Palazzo Pamphilj a Roma, uno dei massimi esempi dell’eccellenza del barocco romano. La grande scultura bronzea è insieme un dispositivo plastico e luminoso: da un lato s’impone allo sguardo dell’osservatore per la dimensione ingigantita delle sue forme a confronto dell’ambiente ristretto in cui si trova, dall’altro si amalgama ai contorni – storici e culturali – del cubiculum, che al suo interno presenta tracce di epoca romana, illuminando con la luce calda delle sue candele, i segni di un passato remoto e frammentato. Nell’allestimento pensato per gli spazi di Villa San Michele, Cativeiro Chandelier è un manufatto senza tempo, portatore di codici culturali e formali che integrano nella sua struttura aspetti fauve e suggestioni surreali, elementi della cultura popolare e decori della grande tradizione del repertorio seicentesco, in una commistione di motivi animali (piedi e teste di galline) e codici culturali (italiani e brasiliani).
Matteo Nasini è l’autore dell’installazione sonora Welcome Wanderer. Nell’opera, il suono che si diffonde negli spazi ubicati sopra l’antico cubiculum, proviene da uno spazio remoto, collegando la terrazza in prossimità del belvedere della Sfinge in cui verrà installata, con la volta celeste sopra di esso, trasformando il passaggio dei miliardi di stelle della Via Lattea in una composizione sonora. Welcome Wanderer si configura non solo come il ponte di collegamento tra spazi e tempi lontanissimi – quello storico e quello cosmico – ma anche come il veicolo per delineare ambiti di pubblica intimità e al tempo stesso esprimere lo spaesamento dell’uomo dinanzi alla sua condizione di abitante dell’Universo. Attraverso il suono, l’artista romano amplifica l’immensità di ciò che ci circonda e al tempo stesso sottolinea l’isolamento del nostro pianeta rispetto al resto della Galassia, evidenziando il destino comune di tutta l’umanità nel viaggio verso l’ignoto.
Elisa Sighicelli è la protagonista della terza edizione del progetto d’arte pubblica Manifesto che ogni anno prevede la realizzazione di un’opera da esporre in una serie di spazi nel centro storico di Anacapri abitualmente destinati alla comunicazione istituzionale e commerciale. Dopo il progetto di Patrick Tuttofuoco nel 2021 e quello di Anna Franceschini nel 2022, l’artista e fotografa torinese ha svolto un periodo di residenza artistica sull’Isola tra fine marzo e inizio aprile, durante il quale ha lavorato su un repertorio di diapositive degli anni ’50, ’60 e ’70 del secolo scorso, scattate da anonimi turisti nel corso dei propri fugaci soggiorni sull’Isola azzurra, raffiguranti motivi tipici dell’iconografia caprese e scorci inediti del paesaggio isolano. Le opere di Sighicelli, nella forma ingigantita del manifesto, funzionano come display di immagini e testo, comprendendo al loro interno tanto la riproduzione delle antiche immagini quanto il format delle diapositive, su cui trascritti compaiono i dati tecnici di produzione della pellicola o, talvolta, l’annotazione di dettagli personali degli antichi autori. Il progetto, ironicamente chiamato Caprimania, dà corpo a una sorta di articolata archeologia della visione, fatta di strumenti ormai desueti e di paesaggi ancora non del tutto usurati dalla riproduzione fotografica.
Una più ampia sequenza di immagini anonime cui la fotografa ha attinto per il progetto, è proiettata negli spazi di Villa San Michele, come a voler evocare la moltitudine di sguardi che, nel tempo, su quei paesaggi e in quegli spazi, si sono depositati e che al loro interno continuano a transitare.
Collaborazioni
Per la prima volta, la rassegna estende i suoi confini in ambito internazionale: dal 13 ottobre 2023 al 12 gennaio 2024, in occasione della giornata del contemporaneo, il Festival giungerà all’Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma con la mostra, a cura di Arianna Rosica e Gianluca Riccio, Lost Stars di Matteo Nasini. Nato dal desiderio di stabilire un ponte tra due mondi culturali solo apparentemente agli antipodi, quello dell’isola e della capitale nordica, il progetto multimediale traduce in partitura musicale i movimenti del cosmo e sottolinea i confini relazionali del nostro universo.
Sponsor & Partner
L’edizione 2023 del Festival del Paesaggio di Anacapri è promossa dall’Associazione Il Rosaio con il Comune di Anacapri, organizzata con il sostegno della Fondazione Axel Munthe/Villa San Michele, realizzata grazie al supporto di Seda e Capri Palace Jumeirah, e con il contributo di Fondazione Italia Patria della Bellezza.