L’autore Domenico Romeo ci presenta il suo ultimo lavoro editoriale “Romanzo Libanese” edito da Castelvecchi.
«Nel 1981, quando sono nata, gli israeliani ancora non avevano invaso il mio Paese per “liberarlo” e “salvarlo”». La giovane Suahir apre così il suo racconto. Ricorda che prima che lei nascesse il Libano era considerato la Svizzera del Medio Oriente. Poi, un teatro di guerra. Ed è in questo teatro di guerra che Suahir tenta di trovare un’identità di appartenenza, ma le fazioni in lotta nella sua terra glielo impediscono; glielo impediscono le invasioni; glielo impediscono le condizioni di vita che si tramutano in senso di colpa per chi le sta attorno. Intravvede nell’estremismo, nella rivolta contro il liberismo, la possibilità di acquisire una sua identità. Andrà in Francia protetta dai servizi segreti deviati; parteciperà al G8 di Genova; tornerà nella sua terra dove ricercherà un amore impossibile. Con uno stile diaristico, non privo di poetica, si racconta la tragedia di un popolo diviso e che intravede la salvezza solo nella possibilità di superare le barriere di antichi odi.
Ma ora scopriamo qualcosa in più sia sul lavoro editoriale che sull’autore nonché criminologo.
Dott.Romeo, come nasce l’idea di scrivere “Romanzo Libanese”?
- “L’idea nasce da una profonda passione per il Medio-Oriente. Una passione che ho concretizzato un paio d’anni fa quando per due volte sono andato lì con mia moglie. E ho scoperto che è un mondo completamente diverso, una narrazione diversa (Etnie, popoli e religione). Ho visitato l’Egitto, l’Israele e tante altre terre. Ho una passione per il Libano, la reputo una terra bellissima. E sa il dato paradossale qual è? Che in entrambi i viaggi io non sono mai andato a vedere il Libano (ride ndr.) E quindi ho pensato bene di unire la mia passione per il Medio-Oriente e il mio lavoro da criminologo ed è venuto fuori questo romanzo”.
Cos’è la cosa che più l’ha colpita del Medio-Oriente?
- “Le contraddizioni sociali ed etniche. Un mondo diverso di quello che viviamo noi. Contraddizioni che da noi non esistono, perché la nostra è una società uniforme. Eppure, sono queste cose che ci fanno vedere la parte buona e cattiva”.
Quanto tempo ha impiegato nella stesura del romanzo?
- “Deve sapere che il romanzo risale al 2009, era pronto anche per la pubblicazione ma delle disavventure hanno interrotto il percorso. Ha visto la luce soltanto nel 2022. I personaggi sono tutti inventati, ma il romanzo ha una base storica, quindi, nonostante sia scritto nel 2009 è ancora tutt’ora attuale”.
Oltre a questo ha scritto anche altri romanzi?
- “Questo è il mio sesto libro e secondo romanzo. Tutti gli altri sono dei saggi storici. Ma ho scritto anche di criminalità, storia di serial killer ma anche di calcio”.
Cosa pensa di ciò che sta accadendo oggi con le due guerre nella striscia di Gaza e in Ucraina?
- “Credo che il problema risalga al 1948. Io credo che bisogna creare due popoli e due stati ma il problema poi sarebbe: quali sono i confini? E le capitali? Israele e la Palestina hanno diritto a esistere e credo che si debba trovare un giusto accordo internazionale e che la comunità debba intervenire, ma no inviando mezzi bensì a mediare e a trovare soluzioni”.
La passione per la scrittura quando nasce?
- “Sin da ragazzino. Ho sempre scritto per testate giornalistiche e ora scrivo per una testata di divulgazione scientifica”.
Qual è la parte che più l’ha commosso e la parte invece che le è risultata difficile scrivere?
- “Quella che più mi ha commosso è stata quando la protagonista si è dovuta dichiarare all’amica e ha dovuto confessare che era innamorata di lei. Ma in realtà, quest’ultima era la donna del fratello e avevano concepito un bambino. Qui ho affrontato il tema dell’essere donna ed essere madre. Inoltre, questo passaggio è stato molto significativo nella vita di Suahir visto che ha subìto una depressione e dei profondi sensi di colpa. Mentre la parte più difficile è stata quando la guerrigliera Suahir partiva verso Genova nei giorni del G8. Giorni drammatici e difficili, visto che ci fu anche un omicidio. Ho dovuto cercare di non dilungarmi troppo, perché non volevo entrare nel merito d’inchieste giudiziarie. Ho dovuto trovare il giusto equilibrio tra la narrazione che avevo in mente e i giorni del G8”.
Quant’è difficile oggigiorno essere sia madre che donna?
- “Bisogna sempre essere ciò che si desidera. Se si desideri di diventare madre è giusto che sia così. Non dev’essere un’imposizione”.
Quant’è difficile oggigiorno essere criminologo?
- “È un impegno importante. Si entra all’interno di dinamiche e aspetti intimi. Bisogna sempre stare a tessa bassa e senza esibizionismo. Bisogna sempre seguire il dettato scientifico, perché altrimenti tutto finisce in una bolla di sapone. Viviamo in una società che cerca di mettere in discussione tutto ciò che è ovvio. Io lo dico sempre ai miei alunni: “bisogna basarsi su ciò che è umano e scientifico”.
Ha svolto anche delle presentazioni ultimamente?
- “Sì, sono stato al festival letterario in provincia di Palermo il “Termini Book Festival” e nei prossimi mesi sono previste altre presentazioni”.