Eseguire con rigore le sentenze del Consiglio di Stato e del Tar “che hanno tracciato perimetri oltre i quali non si deve andare”, la considerazione che “la velocità con cui cambia il mondo impone l’aggiornamento delle regole per la rappresentatività”, ma anche la a certezza che l’Ente “non è rimasto fermo, nonostante il Commissariamento”. E ancora, un chiarimento circa la possibilità di sostituire il RUP del provvedimento, su cui dice “è un discorso di regole, non di persone”. Questi alcuni dei passaggi dell’intervista rilasciata dal Commissario Straordinario della Camera di Commercio di Napoli, Raffaele Cannizzaro, al canale YouTube ufficiale dell’Ente. Di seguito il contenuto testuale integrale dell’intervista.
Eccellenza, la sua esperienza nella pubblica amministrazione, maturata prima come Prefetto e poi come Commissario alla guida di enti importanti, che riflessione la spinge a fare rispetto all’attuale momento della Camera di Commercio di Napoli, ma forse delle Camere di Commercio in generale?
“Ho conosciuto il mondo delle Camere tanti anni fa, quando le prefetture avevano ancora delle competenze che le metteva in relazione con questi Enti. Questa circostanza, nel corso della mia carriera, è stata occasione di conoscenza dei presidenti, degli organi rappresentativi. Ma mai così dall’interno. È un mondo particolare, forse ancora un po’ chiuso, che merita attenzione grande ed ha delle grandi potenzialità. Il livello associativo è così prestigioso, è così importante ed è così anche dotato di ricchezza, anche materiale, che presuppone necessariamente un’attività di promozione, un’attività di relazione, anche istituzionale, che serva ad interpretare i bisogni della collettività economica nella quale opera e che serva anche per rilanciarla. Questa è una missione secondo me imprescindibile che va sicuramente attenzionata nella massima forma”.
Perché secondo lei si è raggiunto, a Napoli in particolare, un livello di litigiosità così alto tra le associazioni datoriali? Le collego anche un’altra riflessione, se esiste a suo avviso un problema di rappresentatività nel mondo delle associazioni datoriali e dunque delle imprese?
“Sono due cose che credo si accomunino molto, che viaggiano molto insieme ma soprattutto viaggiano insieme in qualsiasi componente dinamica della società italiana in questo momento e forse non solo non solo italiana. Il livello di litigiosità tra le parti è evidente. Basta accendere la televisione, guardare un dibattito politico per rendersi conto di quello che accade oggi nel nostro Paese, ma non è dissimile quello delle associazioni da quello di ogni altro livello di rappresentatività. Certo è molto modesto il livello di rappresentatività oggi di tutti i corpi intermedi, fa specie per me che ho vissuto con attenzione il momento politico istituzionale per tutta una vita, essere così orgoglioso di quel 97 per cento di partecipazione alle competizioni elettorali di quando ero ragazzino e vedere pietosamente a stento raggiungere o superare il 50 per cento di adesso. Quale problema interno vi sia fra le associazioni o comunque dei corpi intermedi perché il livello sia così basso? L’analisi si fa difficile, si fa soprattutto estremamente lunga. Io credo che il problema anche qui come negli altri fenomeni sociali vada però meditato insieme con una considerazione: cioè la velocità dei cambiamenti negli ultimi decenni e ancor più in questo attuale, è così elevata che pone nella incapacità il decisore politico di stare al passo con i tempi. Io, come dicevo prima, adesso mi riaccosto al mondo delle camere, quindi non ho nessuna presunzione di poter dire questo è buono, questo è cattivo, questo è giusto, questo è sbagliato. Ma qui come altrove il problema secondo me più importante è come rendere attuali le regole, agganciandole ai repentini cambiamenti del mondo e della società, che spesso sono difficili da cogliere. Dobbiamo riflettere su come attualizzare il momento rappresentativo. E probabilmente abbiamo da fare molti cambiamenti: nel lavoro, in ogni campo insomma, così come nella rappresentanza politica, anche nell’età pensionabile. E’ un mondo così nuovo quello in cui viviamo oggi, è così innovato ogni giorno che passa, che si litiga con l’attualizzazione delle regole. Probabilmente questo è il problema più grande”.
Qual è la posizione della Camera di Commercio di Napoli in relazione ai recenti pronunciamenti del Consiglio di Stato che hanno escluso alcune associazioni datoriali dalla competizione per il rinnovo camerale?
“… e ne ha riammesse altre per la verità. Mah nulla, le sentenze si eseguono, non c’è altro da dire su questa questione. Ci sono delle sentenze, le sentenze disegnano dei perimetri, e dunque le sentenze saranno eseguite con rigore secondo il perimetro disegnato delle sentenze stesse”.
Alla luce delle recenti sentenze invece del TAR che hanno conferito al Commissario un potere totale circa il perfezionamento della procedura di rinnovo e l’esigenza di fornire le risposte ad alcuni quesiti della Regione, come si sta procedendo materialmente?
“Beh, lì prende atto di uno stallo la sentenza, che è un dato oggettivo. E onera il Commissario, molto generosamente, di una serie di attività che bisogna fare perché alla Camera venga restituito il suo gioco democratico. Non c’è alcun dubbio, e anche qui è una questione di perimetri. La sentenza delinea un perimetro e non si andrà né sotto, né sopra, né a destra, né a sinistra del perimetro così come è stato disegnato. Alla sentenza, come ho detto prima, va data esecuzione e si sta dando esecuzione”.
La Camera di Commercio intende, in questo, sostituire il RUP della procedura?
“Vedete, è un discorso di regole non di persone, le regole vanno rispettate. Se si rispetteranno le regole, tutto resta uguale”.
In conclusione, quali sono le iniziative messe in campo dalla Camera di Commercio a favore delle imprese da quando lei è diventato Commissario Straordinario?
“Credo che si sia fermato nulla, salvo ovviamente i primi tempi in cui bisognava necessariamente entrare in rapporto con un’istituzione e l’istituzione con chi in questo momento la rappresenta. Dopodiché tutto quello che c’è da fare si fa. Io non sono tra quei commissari che ritiene che le cose si debbano fermare perché il momento è straordinario. Credo, invece, che vi siano dei doveri, così come credo che vi siano delle sensibilità. I doveri sono quelli di mandare avanti una macchina che merita di essere mandata avanti al massimo della sua potenzialità. Salvo fermarsi laddove le opportunità non ti facciano rendere conto che rischi di impegnare l’ente per una qualche cosa che nel breve periodo non merita di essere congelata… questo sia in positivo che in negativo. In tal caso entra in campo la sensibilità “politica”, nel senso della gestione delle problematiche. Ma in questo credo di essere abbastanza sorretto da un’esperienza che viene da una ventina di enti commissariati nella mia vita”.