NAPOLI – Crollerà a gennaio 2019 il sistema di cure per persone anziane, disabili, sofferenti psichici e tossicodipendenti costruito in oltre vent’anni di lavoro, se nulla cambia negli orientamenti della Asl Napoli 1 e in quelli di altre Asl regionali.
Se andrà avanti il disegno di tagliare i servizi e le figure professionali impiegate, sono a rischio nel capoluogo circa 400 posti di lavoro, duemila in tutta la Campania ma non solo: un disagio altrettanto grave dovranno affrontarlo migliaia di utenti e le loro famiglie che in questi anni sono stati seguiti con passione e competenza da operatori socio-sanitari qualificati, esperti e adeguatamente formati. La denuncia viene dal gruppo di imprese sociali Gesco che ha tenuto oggi una conferenza stampa a palazzo Zapata ospite dell’università telematica Pegaso, per spiegare le ragioni dello stato di agitazione degli operatori socio-sanitari afferenti al gruppo e per presentare anche la manifestazione nazionale sui temi sociali e della disabilità che si terrà mercoledì 7 novembre prossimo a partire dalle ore 16 in piazza del Plebiscito.
“Sarà un passo indietro per tutte le politiche sociali – ha detto il presidente di Gesco Sergio D’Angelo – che oggi stanno subendo un significativo ridimensionamento a tutti i livelli di governo, tanto che non esiste più neanche un ministero del Welfare e quello alla Famiglia con cui si è pensato di sostituirlo è totalmente privo di risorse.
Il lavoro sociale serve non solo a chi l’ha prodotto e agli utenti che ne usufruiscono, ma alla crescita dell’intera comunità”. La Asl Napoli 1 ha previsto solo le funzioni educative per il prossimo quinquennio di gestione dei servizi socio-sanitari (finora gestiti da un’Ati con capofila Gesco (e che comprende Solco, Il Pioppo, Icaro e Prodos), eliminando tutti gli operatori socio-sanitari, gli assistenti sociali, gli psicologi e i fisioterapisti nei settori della salute mentale, delle dipendenze, della disabilità e degli anziani e prevedendo solo animatori di comunità, educatori e terapisti della riabilitazione nei centri territoriali.
Gli operatori socio-sanitari (oss) non sono più previsti nemmeno nelle strutture ospedaliere. “Con il pretesto di un supposto contenimento della spesa e l’obiettivo dichiarato di internalizzare i servizi, si stanno adottando procedure analoghe anche in altre Asl campane – conclude Sergio D’Angelo – che ovviamente non garantiranno la stabilizzazione degli operatori né quella dei servizi ma serviranno solo a stravolgerne l’organizzazione, a chiuderne tanti altri e a promuovere una nuova cultura operativa dei servizi basata sulla medicalizzazione degli interventi e l’istituzionalizzazione degli utenti.
Disperdendo uno straordinario patrimonio di esperienze e di competenze che ha permesso la costruzione del sistema integrato di welfare tra pubblico e privato sociale che ha funzionato in maniera esemplare per oltre vent’anni, rispondendo ai bisogni delle famiglie e del territorio, e che dal 2019 non esisterà più”.
Insieme con la scomparsa di molte figure professionali, verranno meno le attività nei servizi di salute mentale per anziani e disabili: nelle Sir (strutture intermedie per sofferenti psichici), nelle Rsa (Residenze sanitarie assistite sia per salute mentale che anziani) e Rsh (Residenze sanitarie area riabilitazione – per disabili) e nei centri diurni (anziani, disabili, salute mentale).
“Sarà una tragedia per le nostre famiglie – ha dichiarato Erminia Illiano, madre di una giovane sofferente psichica che da anni viene seguita presso il centro L’Aquilone di Miano – Il centro non si è occupato delle medicine ma di rendere a mia figlia una vita piena, nelle relazioni sociali e affettive, grazie soprattutto al lavoro degli operatori che sono riusciti a coinvolgere anche i genitori e le famiglie. Perdere tutto questo sarebbe come perdere la casa dove si abita, dopo averla costruita faticosamente mattone dopo mattone”.