NAPOLI – La Corte di Appello di Napoli (presidente Romano, giudice a latere Taddeo) ha condannato all’ergastolo Marco Di Lauro dall’accusa di essere il mandante dell’agguato nel quale Attilio Romanò, assassinato il 24 gennaio del 2005 nel negozio nel quale vendeva telefonini perchè scambiato dai sicari per il nipote del boss scissionista Rosario Pariante.
Presenti in aula, l’assessore comunale Alessandra Clemente, la madre di Attilio, la sorella Maria e il marito di quest’ultima.
La difesa di Di Lauro, gli avvocati Pecoraro e Cola, hanno annunciato il ricorso in Cassazione.
“Esprimo profonda soddisfazione per la notizia della condanna all’ergastolo di Marco Di Lauro, considerato il reggente dell’omonimo clan di Secondigliano, per l’omicidio di Attilio Romanò, vittima innocente della camorra ucciso in un negozio di telefonia nel 2005.
La condanna massima per un reato così grave è senz’altro un segnale positivo. Occorre colpire i camorristi con pene severissime, non deve esserci alcuna accondiscendenza nei confronti di coloro che violentano i nostri territori con azioni delinquenziali di ogni tipo. Se sarà confermata la colpevolezza anche nei successivi gradi di giudizio speriamo che non sopravvengano sconti di pena. Non deve esserci altra strada che l’ergastolo per un camorrista che uccide un innocente”. Lo afferma il consigliere regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli.
“Bisogna andare avanti così – prosegue Borrelli –. La condanna di Marco Di Lauro rende giustizia anche per i familiari che sono stati privati in maniera ignobile di un loro caro. Esprimo i miei complimenti anche alla Procura di Napoli. Senza l’impagabile lavoro dei magistrati non sarebbe stato possibile arrivare a questa condanna. Ricordiamo che Marco Di Lauro è figlio del boss protagonista di una delle faide più cruente nella storia della camorra.
E anche la prole, ad eccezione di un solo figlio, ha subito condanne. Se ci fosse stata una legge che avesse permesso di togliere i figli agli esponenti della malavita, probabilmente, avremmo tanti camorristi in meno”.