Chiuse le indagini e chiesto il rinvio a giudizio dell’autista della betoniera che il 24 novembre 2022, a Bolzano, investì e uccise l’insegnante Margherita Giordano. Il pm ha invece richiesto l’archiviazione della seconda inchiesta, nata dal filone principale a seguito di una querela contro ignoti depositata dal legale fiduciario di Giesse Wolfang Burchia, che assiste i familiari della vittima, con l’obiettivo di verificare se vi fossero ulteriori responsabilità penali eventualmente derivanti da omissione o rifiuto di atti d’ufficio.
In particolare, i numerosi incidenti stradali avvenuti in precedenza nell’incrocio in cui si è consumata la tragedia, sembravano far emergere una potenziale pericolosità nel punto tra Corso Libertà e Corso Italia, dipendente anche da una segnaletica, all’epoca, potenzialmente “confusionaria” che poteva indurre in errore l’utente della strada: la presenza di più semafori, a poca distanza l’uno dall’altro; la durata diversa dei cicli verde/rosso degli impianti semaforici (quello dedicato alla svolta su Corso Libertà durava 6 secondi in meno dell’altro); l’assenza di accorgimenti per impedire che le automobili o i camion, svoltando, stringessero eccessivamente a destra durante la manovra.
“Il 10 ottobre 2019, il 27 agosto 2020 e il 16 novembre 2022, nello stesso luogo in cui ha perso la vita Margherita, si erano già verificati altri incidenti– spiega Maurizio Cibien, responsabile della sede Giesse a Bolzano – La dinamica, pressoché identica, e la loro frequenza, avrebbero dovuto, a nostro parere, suggerire una tempestiva adozione di provvedimenti per mettere in maggiore sicurezza quell’incrocio, soprattutto per i ciclisti, utenti vulnerabili per definizione. Tuttavia, si è deciso di intervenire soltanto dopo la tragedia di Margherita, già il giorno successivo, avvicinando uno dei due semafori dedicati ai velocipedi a quello principale, spostando due metri più avanti la linea d’arresto della pista ciclabile, aggiungendo 6 new jersey a delimitazione e protezione della pista ciclabile”. Inoltre, è stata ridipinta la segnaletica stradale relativa agli attraversamenti pedonali e sono state cambiate le fasi dei semafori (da “prima le auto e poi le bici” a “prima le bici e poi le auto”).
“La pericolosità di quell’incrocio era nota a tutti ed era stata segnalata più volte all’amministrazione comunale da cittadini ed enti; eppure le indagini avviate dopo il deposito della seconda querela si sono sorprendentemente concluse solo dopo pochi giorni con una richiesta di archiviazione – aggiunge Cibien, di Giesse – Tra l’altro, in un caso molto simile al nostro, accaduto il 20 aprile 2023 a Milano e nel quale una betoniera, svoltando a destra, ha travolto e ucciso Cristina Scozia in bicicletta, sono finiti nel registro degli indagati un assessore e due dirigenti comunali milanesi. Noi riponiamo la massima fiducia nel lavoro della magistratura ma ci chiediamo, visti i numerosi incidenti accaduti in precedenza, se l’amministrazione comunale avrebbe potuto agire con maggiore tempestività per rendere maggiormente sicuro quell’incrocio”. Il legale fiduciario di Giesse ha depositato oggi l’opposizione alla richiesta di archiviazione.
La famiglia, intanto, non si dà pace per quanto accaduto. “Non è possibile morire in questo modo – commentano i genitori di Margherita – Nostra figlia era salita al nord per lavoro e amava insegnare. Non vogliamo puntare il dito contro nessuno, ma siamo addolorati e arrabbiati e vogliamo giustizia. Se qualcuno ha sbagliato, deve pagare per quanto accaduto”.
Per quanto riguarda la prima inchiesta, che vede indagato l’autista del camion, il pubblico ministero, al termine delle indagini, ha chiesto il rinvio a giudizio dell’uomo. L’udienza preliminare si svolgerà il 17 dicembre nelle aule del Tribunale di Bolzano.