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Napoli, 15enne ucciso. Il Prefetto: “È una scossa alla città”

NAPOLI – Aveva solo 15 anni Emanuele Tufano, il ragazzo ucciso da un colpo di pistola alla schiena, mentre era in sella al proprio scooter in via Carminiello al Mercato, proprio come uno dei suoi presunti killer. Infatti sembrerebbe che il sospettato non abbia agito da solo ma avrebbe fatto parte di una sorta di “paranza” di piazza Mercato, tutti giovanissimi e pronti a difendere il proprio territorio.

Le indagini sono affidate alla Squadra Mobile della Questura di Napoli (dirigente Giovanni Leuci). I giovani in Questura, che sono accompagnati dai propri genitori, sarebbero stati individuati tramite le attività svolte per tutta la giornata dai poliziotti, comprese le analisi delle registrazioni di alcuni sistemi di videosorveglianza installati tra via Carminiello al Mercato e il corso Umberto I, ovvero il percorso che Tufano e gli altri due minorenni che erano con lui avrebbero fatto per scappare agli inseguitori.

La vittima era incensurata e residente nel quartiere Sanità. Studiava in un istituto professionale e lavorava, sembra come meccanico. Non si esclude sia finito con persone sbagliate. La sua è una famiglia di ristoratori, che nell’antico quartiere gestisce una trattoria. In strada si mormora circa il movente dell’accaduto, ma le versioni sono più di una e, per ora, non trovano alcuna conferma da parte della Squadra Mobile.

“Tutta la città è scossa per questo drammatico avvenimento ma avrebbe dovuto reagire già da tempo in quanto le tragedie di questo tipo a cui abbiamo assistito sono state sin troppe. Sappiamo tutti benissimo, e non si faccia dell’ipocrisia, che una volta che questa storia si sarà raffreddata i riflettori su un fenomeno che diventa via via sempre più inquietante si spegneranno nuovamente quando invece non ci sarebbe neanche bisogno di attendere le tragedie per affrontare queste tematiche.
Emanuele probabilmente era entrato in un brutto giro oppure potrebbe essere stato la vittima designata di un gioco criminale, di una prova di forza, o ancora essere stato colpito da un proiettile vagante durante una stesa. Più che le cause qui il problema sta nelle conseguenze: si spara in strada e sono ragazzini a farlo. Un dramma doppio. Quindi ora la priorità non è analizzare le dinamiche e le storie dietro ogni sparatoria ed ogni morto ammazzato, trovando magari delle giustificazioni, ma fermate questo Far West tra cowboy impazziti e minorenni che si uccidono a vicenda e che uccidono vittime innocenti. Si presidino le strade e si bracchino le baby-gang. Il fenomeno purtroppo fino ad oggi è stato assolutamente sottovalutato”- ha dichiarato il deputato di alleanza Verdi-Sinistra Francesco Emilio Borrelli da anni in prima linea sul fenomeno baby gang criminali.

(FONTE ANSA) – “Questo omicidio provoca una profonda scossa alla città, perché ormai non ci sono più parole per descrivere un evento così tragico. E quindi questo interpella ognuno di noi. C’è preoccupazione, ma c’è anche tanta volontà nell’affrontare queste tematiche. Oggi lo abbiamo fatto con grande responsabilità e determinazione”. Così il prefetto di Napoli, Michele di Bari, al termine del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica che si è svolto in Prefettura dopo l’omicidio del minorenne avvenuto la scorsa notte in pieno centro a Napoli.

“Da una parte – ha aggiunto il prefetto – ci sarà una risposta in termini di attività di prevenzione da parte le forze di polizia con una serie di servizi mirati, straordinari, alto impatto. Tutto ciò che è necessario per controllare il territorio. Dall’altra parte ci sarà un’attività forte da parte della magistratura. Ma l’altro pilastro su cui si regge tutta questa vicenda non può prescindere da un appello alla città. Noi abbiamo a che fare con ragazzi la cui età diminuisce giorno dopo giorno. E non va assolutamente bene, questo interpella tutti”.

“Ognuno di noi – ha concluso il prefetto – deve fare i maggiori sforzi possibili. E io sono fiducioso che la città risponderà a un appello. In termini sociali, c’è bisogno di riappropriarci di strumenti educativi da parte di tutti, perché ai ragazzi sia impartito il senso dei valori. Se oggi un quindicenne ucciso, significa che la vita di una persona, di un ragazzo, è un valore che è quasi annientato. Dobbiamo combattere, contrastare queste derive valoriali e questo è l’impegno che ci siamo assunti”.

Napoli non è la città dove si spara solo ma è anche la città di ragazzi che lasciano l’illegalità per seguire la legalità attraverso percorsi di conoscenza.

“Non c’è solo la Napoli dove si spara. Oggi, ai ragazzi dell’Area Penale di Napoli, divenuti sub, grazie al progetto MareNostrum e divenuti sub dopo corsi di formazione con lezioni teoriche e pratiche, abbiamo mostrato il lavoro di Operatori Tecnico Subacquei e l’abbiamo fatto dando supporto alla bella iniziativa di immersione di dodici casse di vino nelle Cantine Sociali che sono nel Golfo di Napoli, nel mare partenopeo. E lo abbiamo fatto in modo concreto. Questi ragazzi amano molto queste iniziative perchè concretamente loro possono avere il contatto con il mare e possono capire realmente cosa sia il lavoratore di Operatore Tecnico Subacqueo per vincere anche una borsa di studio”. Lo ha affermato Francesca Esposito, Responsabile Attività Sociali di Archeoclub D’Italia – MareNostrum.

E oggi, nelle acque antistanti Castel dell’Ovo, si è svolta la cerimonia di immersione di due vini celebrativi Falanghina Metodo Classico e Rosso Riserva di Cantine Carputo per celebrare il trentennale di attività. Le bottiglie sono state trasportate partendo da Molo San Vincenzo: autorità e ospiti erano a bordo della Motovela della Legalità e della Memoria. In una vita precedente, la motovela si chiamava Oceanis 473 ed era utilizzata dagli scafisti per trafficare persone sulla tratta dalla Turchia alla Sicilia. La Guardia di Finanza l’ha intercettata al largo delle coste siciliane. La Procura della Repubblica di Ragusa l’ha data in custodia ad Archeoclub d’Italia che l’ha trasformata in MareNostrum Dike. MareNostrum dal nome del Dipartimento Marino di Archeoclub D’Italia e Dike dal nome della dea della Giustizia nella mitologia greca. Due storie straordinarie che si incrociano, perchè da una parte il recupero dei Ragazzi dell’Area Penale di Napoli con un percorso di legalità e redenzione, dall’altra un bene confiscato alla delinquenza che diventa luogo di conoscenza e legalità.

A Napoli, oggi i ragazzi, partecipando all’immersione di 12 casse di vini, voluta dalle Cantine Carputo, i ragazzi non solo hanno collaborato alle operazioni di riprese subacque ma hanno potuto conoscere l’attività di operatori tecnico – subacquei.

“Un momento emozionante. Mi fa piacere che i ragazzi possano reintegrarsi nella società ricredendosi di errori passati. Per quanto riguarda la mia azienda sono orgoglioso del fatto che siamo arrivati al trentennale. I miei figli hanno anche loro questa passione come l’avevo io 30 anni fa. Da questa passione è nata l’idea dei miei figli di dare una svolta con una valorizzazione del territorio dei Campi Flegrei – ha affermato Francesco Carputo, fondatore delle Cantine Carputo – ma anche della stessa Città di Napoli. Rivolgo un grande augurio ai miei e l’auspicio è che questa iniziativa venga recepita da tutti e possa avere continuità”.

Questo territorio è anche luogo di sfide vinte. Da una parte i ragazzi che hanno lasciato l’illegalità e dall’altra un’impresa che 30 anni fa ha creduto nella valorizzazione dei vitigni dei Campi Flegrei. Oggi i vini dei Campi Flegrei stanno davvero scalando vette internazionali.

“E’ una sfida vinta. La DOC Campi Flegrei è stata riconosciuta nel 1994, le Cantine Carputo iniziarono la loro attività subito dopo cercando di valorizzare i vini di questo territorio come la Falanghina e Piedirosso. Vini che nei nostri amati Campi Flegrei riescono ad avere un’espressione unica – ha dichiarato Valentina Carputo – e irripetibile data dalla conformità del territorio che è straordinaria. A Napoli, abbiamo iniziato a celebrare il trentennale con l’immersione dei vini dai quali ci aspettiamo un affinamento straordinario cercando comunque di capire e di sperimentare in che modo sia il metodo classico che il rosso riescano ad affinare in mare”.

Associazionismo e mondo imprenditoriale fanno rete per dare un’altra opportunità ai ragazzi provenienti dal disagio sociale.

“Ci avviciniamo ai 30 anni di attività Siamo riusciti a coinvolgere l’Archeoclub D’Italia, a mettere insieme il lato imprenditoriale, sociale e culturale. L’immersione dei vini è una pratica di nuova sperimentazione – ha affermato Raffaele Carputo – ma allo stesso tempo c’è già chi l’ha fatta. I benefici sono noti. In ambiente marino, a 40 metri, abbiamo temperatura costante, assenza di luce. La pressione dell’acaqua comprime sul tappo e evita l’ossidazione del vino”.

Le nuove frontiere!

“Le immersioni subacquee aiutano per tre motivi fondamentali: l’assenza di luce, a 40 metri la luce è molto bassa – ha affermato l’enologo Antonio Pesce – la temperatura costante perchè a quella profondità le temperature non oscillano nelle varie stagioni, l’assenza di ossigeno totale”.

Con il supporto anche della Lega Navale.

“La Lega Navale segue tutti gli eventi dedicate al sociale, è al fianco dei minori a rischio e promuove tutte le attività culturali che valorizzano il territorio. In questo caso specifico abbiamo un evento che vede insieme tutti i valori riguardanti il recupero di ragazzi – ha affermato Michele Sorrenti, Presidente della Lega Navale di Napoli – come la valorizzazione del territorio dal punto di vista sociale, economico e culturale”.

 

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