POMPEI – Presidio dei lavoratori precari al Parco Archeologico di Pompei, sabato 1 febbraio, dove i Cobas del Lavoro Privato chiedono parità di diritti rispetto ai colleghi che, al contrario, sono dipendenti pubblici.
Il loro slogan diretto e sentito contro il Ministero dei Beni Culturali è “il lavoro in appalto è una verGogna”. Sul posto diversi lavoratori che si sono messi alla gogna per simboleggiare le condizioni precarie in cui versano da molto tempo. Come sottolineano in un comunicato “i parchi archeologici di Pompei ed Ercolano hanno aumentato visitatori ed incassi, registrando circa 4 milioni di presenze il primo e oltre 558 mila il secondo. Una media giornaliera, quindi, rispettivamente di 11 mila e 1500 visitatori. Eppure, nonostante l’enorme flusso di denaro che questi numeri assicurano, il Ministero dei Beni Culturali e le sovraintendenze competenti continuano ad abusare del lavoro in appalto”. Sostiene il rappresentante legale dei Cobas (Regione Campania) che fa capo all’esecutivo nazionale, Domenico Quintavalle: “Sono anni che il ministro Dario Franceschini promette che Pompei dovrà diventare il volano dell’industria del turismo italiano, ma nulla è stato fatto. La protesta non finisce qui, saremo tra quindici giorni anche agli scavi archeologici di Ercolano,Villa dei Misteri sempre a Pompei ed Oplontis. I lavoratori sono costretti ad avere un solo bagno per uomini e donne e ne sono in tanti. Tutto questo è inaccettabile”.
Il personale dipendente di diverse società, come Opera Laboratori Fiorentini Spa e Ales – Arte Lavoro e Servizi S.p.A. (società in house del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali), Emme Service, opera per le principali attività di accoglienza per il funzionamento dei Parchi archeologici.
Tra le diverse funzioni, anche ufficio guide e informazioni, biglietteria e controllo, vigilanza e igiene.
Insomma un lavoro continuo ed indispensabile da parte dei lavoratori che purtroppo non sono trattati equamente rispetto ai colleghi inquadrati pubblicamente. Le differenze sono percepite sui trattamenti economici e la precarietà.
I Cobas ormai si definiscono “Lavoratori di serie B con meno salario e meno diritti”. Con contratti part-time, spesso, molti di loro lavorando in condizioni climatiche pessime, senza disposizioni di locali per servizi igienici adeguati. Ecco l’appello: “le lavoratrici e i lavoratori delle società Opera Laboratori Fiorentini, ALES, EMME Service che lavorano in appalto presso i parchi archeologici di Pompei, Ercolano dopo anni di precarietà e sfruttamento, hanno diritto a pari dignità dei colleghi dipendenti delle sovraintendenze archeologiche, pari retribuzioni, pari tutele contrattuali e pari tutele in tema di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”. E dunque, concludono, “è ora che il Ministero dei beni colturali avvii un percorso di stabilizzazione e internalizzazione del personale oggi operante in appalto che metta definitivamente fine alla precarietà”.