Quindicenne ucciso da carabiniere, tanti i punti oscuri della vicenda (VIDEO)

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    NAPOLI – Sono numerosi i punti da chiarire nella vicenda che ha portato alla morte di un ragazzo di 15 anni, ucciso da un carabinieri fuori dal servizio, nel corso di un tentativo di rapina.

    Il fatto, accaduto a Napoli nella notte tra sabato e domenica, ha portato anche all’arresto di un 17enne che sarebbe complice del ragazzo che ha perso la vita.

    Il militare, di stanza a Bologna, in auto con la fidanzata avrebbe sparato dopo avere udito lo scarrellamento di una pistola che gli sarebbe stata puntata alla tempia.

    Il 15 è stato colpito alla testa e all’addome. Bisogna chiarire la dinamica, in particolare se come ha spiegato al Pm il militare si sia qualificato o meno prima di sparare.

    Immediatamente soccorso il ragazzo è stato trasportato al Pronto Soccorso dell’Ospedale Vecchio Pellegrini dove è deceduto nonostante l’intervento dei sanitari.

    I parenti sopraggiunti hanno letteralmente devastato il reparto, distruggendo le suppellettili e mettendo fuori uso il pronto soccorso. Il servizio è stato sospeso e i pazienti sono stati trasferiti nei reparti e in altri ospedali. Solo dopo 12 ore di pulizie e ripristino dei luoghi il reparto è stato riaperto.

    Alle 4 di ieri mattina, mentre nella Caserma Pastrengo, sede del comando provinciale dei Carabinieri, c’erano alcune donne familiari del giovane deceduto e di un presunto complice, all’esterno sono stati esplosi alcuni colpi di pistola in aria.

    Probabilmente a scopo intimidatorio. Anche su questo aspetto ci sono indagini in corso per identificare gli autori del gesto. L’ausilio delle telecamere potrà aiutare a identificarli.

    Medici e infermieri dell’ospedale Pellegrini di Napoli hanno fatto il massimo per riaprire in tempi record il pronto soccorso devastato dopo la morte del giovane rapinatore ucciso dai colpi esplosi da un carabiniere.

    “E’ un segnale forte a chi pensa di poter mettere a rischio la vita dei pazienti e la sicurezza dei nostri operatori” ha detto il manager Ciro Verdoliva, direttore generale dell’ASL Napoli 1 Centro.
    “I fatti di questa notte, ha aggiunto, sono di una gravità inaudita.”

    Gli operatori sanitari assegnati al Pronto Soccorso dei Pellegrini, in segno di solidarietà ai colleghi hanno chiesto di essere tutti presenti in servizio, anche fuori turno programmato.

    Sull’episodio è intervenuto anche l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe.

    Durante la mattinata del 2 marzo, all’Ospedale dei Pellegrini, si è svolta una manifestazione di solidarietà nei confronti del personale medico che opera nei pronto soccorso, vittima continuamente di minacce ed aggressioni organizzato dal consigliere regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli e da cittadini e operatori sanitari.

    Diversi striscioni e cartelli hanno accompagnato il flash mob nelle strutture del Pellegrini, alcuni tra gli slogan riportati: “Giù le mani. Il personale del pronto soccorso non si tocca”; “Più sicurezza meno parole” ; “Basta la violenza al pronto soccorso, “Chi devasta un ospedale devasta la salute di tutti i cittadini”; Rispetto e solidarietà per gli operatori

    Da già diverso tempo I Verdi chiedono la tutela e la sicurezza dei pronto soccorso ma dopo i fatti della notte tra il 29 febbraio ed il 1 marzo, quando l’ospedale dei Pellegrini di Napoli si è trasformato in un set di violenza e terrore a causa dei famigliari e degli amici di Ugo Russo, il 15nne cha ha tentato la rapina ad un a carabiniere, hanno deciso di chiedere a gran voce interventi immediati e concreti.

    La situazione di enorme difficoltà che vive il personale sanitario che opera all’interno dei pronto soccorso può essere sintetizzata dalle parole dell’operatore socio sanitario Giuseppe Tamaggio, dipendente di una cooperativa sociale che ha in appalto il servizio ASL, che era di turno quando il 15nne Ugo Russo è stato trasportato al Pellegrini:” Alle 1,20 è arrivata l’ambulanza con a bordo il ragazzo ferito, scortata da un’auto delle forze dell’ordine. Da lì in poi, fino alle 6,30 è stato un delirio continuo, i parenti e gli amici del giovane hanno per tutto il tempo aggredito verbalmente e anche fisicamente tutti noi membri dello staff medico e riversato violenza nei confronti delle strutture e delle attrezzature del pronto soccorso.

    In quella confusione e in quelle condizioni di forte pressione psicologica dovevamo occuparci del ragazzo, in gravissimi condizioni, e anche degli altri pazienti ricoverati che in seguito al caos venutosi a creare hanno cominciato a star male in modo notevole. Anche le forze dell’ordine li presenti non hanno potuto tutelarci, non hanno potuto fare altro che assistere alla scena. E’ stata un’esperienza allucinante, ci ha sconvolti tutti, faccio fatica a parlarne e credo che non riuscirò mai più cancellare questi ricordi dalla mia mente. Non ci sentiamo affatto tutelati, chiediamo di poter lavorare senza rischiare la vita.”

    “Oggi siamo qui a manifestare contro questa indicibile violenza nei confronti del personale sanitario che tutti i giorni si adopera nel salvare vite umane. Chi aggredisce i medici, gli infermieri e gli oss, che svolgono un lavoro di primaria importanza, è un criminale che deve essere duramente colpito, chi distrugge una struttura di pronto soccorso toglie dei servizi ai cittadini e allora dobbiamo fermare questa ondata di violenza. Chiediamo a gran voce la sicurezza dei pronto soccorso, chiediamo che il personale sanitario possa lavorare senza dover temere per la propria incolumità e per la propria vita, per questo chiediamo dei presidi fissi di forze dell’ordine all’interno dei pronto soccorso. Al Pellegrini finalmente c’è una volante fissa, adesso vogliamo lo stesso in ogni pronto soccorso cittadino” – ha dichiarato il Consigliere regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli, membro della Commissione Sanità.

    “Siamo stati all’ospedale Pellegrini questa mattina innanzitutto per dare la nostra solidarietà, per sostenere e incoraggiare il nostro personale. Non possiamo non constatare che non è la prima volta che qui si verificano atti di di aggressione e di violenza. E non possiamo non chiedere formalmente l’istituzione di un posto di polizia nel presidio, come già fatto senza ottenere risposta, da un anno e mezzo, per l’ospedale San Giovanni Bosco. Nonostante tutto, a conferma del senso di responsabilità, dell’impegno e del coraggio del personale, questa sera alla riapertura del pronto soccorso, ci saranno tutti gli operatori insieme, tutti in servizio per garantire la piena funzionalità dell’ospedale. Ancora in queste ore si sta lavorando per ripristinare le attrezzature tecniche vandalizzate o distrutte dagli aggressori.

    E desidero ringraziare di cuore tutti gli operatori della sanità campana impegnati in un lavoro straordinario e di grande sacrificio ed efficienza, soprattutto in questi giorni.

    Non possiamo inoltre non rilevare che esiste un problema più generale di violenza diffusa e di atti di aggressione che continuano a moltiplicarsi senza che nessuno dei protagonisti di tali atti sia chiamato a risponderne. Se permane una condizione di impunità per i protagonisti di atti di squadrismo, il clima civile è destinato a peggiorare drammaticamente. Non si possono non richiamare tutte le articolazioni dello Stato a produrre iniziative concrete ed efficaci per porre termine a questi episodi”.

    “Ritengo inaccettabile che si possa distruggere il pronto soccorso di un ospedale, mettendo a repentaglio l’incolumità del personale medico e paramedico in servizio, quella dei pazienti ricoverati e delle loro famiglie, arrecando danni economici e determinando la chiusura della struttura stessa, seppur in seguito ad un evento drammatico come la morte di un 15enne in circostanze tragiche . E’ ora di mettere fine a dinamiche di questo tipo che caratterizzano la vita dei nostri ospedali, di frontiera e non. Il Parlamento approvi subito la legge Antiviolenza per offrire nuovi e più efficaci strumenti di prevenzione per questi fenomeni. Ribadisco la mia posizione netta per la presenza di presidi fissi delle forze dell’ordine all’interno dei nosocomi. Voglio esprimere la mia vicinanza e solidarietà al personale sanitario che in queste ore sta già lavorando sodo per riaprire al più presto il pronto soccorso dimostrando ancora una volta grande professionalità e dedizione al lavoro”. Lo ha detto Michela Rostan, vicepresidente della commissione Sanità alla Camera dei deputati.

    “La chiusura di un pronto soccorso cittadino in piena emergenza coronavirus – ha proseguito la deputata di Italia Viva – costituisce un danno per la comunità rilevante. Le strutture ospedaliere del Sud, pur rappresentando per molti aspetti dei punti di eccellenza pagano lo scotto di carenze secolari ed è enorme lo sforzo per garantire all’utenza un servizio adeguato. A questo non possono aggiungersi atti vandalici, minacce e aggressioni continue ai danni delle strutture e di coloro che ci lavorano, costretti spesso a dover far fronte a vere e proprie rappresaglie e violenze”.

    LA POSIZIONE DELLA FAMIGLIA

    Mattinata in obitorio per i familiari di Ugo Russo, ucciso ieri a Napoli da un carabiniere in seguito a una tentata rapina. Ventiquattro ore dopo, non cambia la versione della famiglia: Ugo è stato vittima di una vera e propria esecuzione. “Il carabiniere – ricostruisce il padre Vincenzo – gli ha sparato una prima volta al corpo, facendogli fare un balzo di 3/4 metri. Una volta finito a terra si è rialzato per scappare, ma a quel punto il militare gli ha puntato la pistola contro sparando una seconda volta e colpendolo alla nuca mentre Ugo era di spalle. Poi ha inseguito l’altro ragazzo che era con mio figlio sparando ancora ma mancando l’obiettivo. E’ stata un’esecuzione a tutti gli effetti”. “Nessuno vuole dire che mio nipote fosse un santo – aggiunge lo zio – ma non si può morire così”. La verità è quella che chiede anche l’avvocato della famiglia, Antonio Mormile: “Abbiamo fiducia negli inquirenti, dalle indagini emergerà la verità. D’ora in poi lasceremo parlare l’inchiesta”.

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