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A Sala Ichòs la Compagnia Ragli

NAPOLI – Dal 24 al 27 gennaio a Sala Ichòs sarà ospite la Compagnia Ragli con due spettacoli. Si comincia il 24 e 25 gennaio con L’Italia s’è desta.

Un piccolo (falso) mistero italiano con Dalila Cozzolino, scritto e diretto da Rosario Mastrota. Carletta, la scema del paese, assiste al rapimento da parte della ‘ndrangheta, in Calabria, del pullman della nazionale italiana di calcio, a due mesi dall’inizio dei mondiali.

Subito lo scoop dilaga, esplode. Esercito, politica, sport e giornalisti all’assalto del nuovo fenomeno mediatico. Tutti accecati dalla notizia “bomba” da regalare, non si accorgono di Carla, che sa dove è nascosto il pullman bianco e la nazionale di calcio. Ma nessuno le crede.

La pièce vanta numerosi riconoscimenti a livello nazionale, tra cui spettacolo vincitore del Festival per monologhi UNO di Firenze, spettacolo vincitore del Festival Teatropia 2012 – mafia e politica a Siena, spettacolo vincitore del Premio Centro alla drammaturgia 2012 a Cuneo, spettacolo vincitore del Premio Antimafie e Diritti Umani “Dirittinscena” 2013 a Roma, Premio Speciale “Restart” 2013 a Roma, premio migliore attrice Premio Centro e Menzione speciale della critica a Cuneo.

Il 26 e 27 gennaio Dalila Cozzolino, oltre a curare la regia e la drammaturgia, sarà protagonista, oltre che regista, di Macbeth. Aut idola Theatri da Macbeth di Shakespeare.

Qui della tragedia si racconta la superstizione: la sua fascinazione, la paradossale razionalità e la tendenza alla ritualità che essa comporta, l’affannosa speranza di una conformità della natura a scopi.

La riflessione parte dall’occasione che viene data a Macbeth dalle tre streghe e dalla domanda su quale orizzonte di senso si può dare alla battuta: “Salute a te, che un giorno sarai re”. Macbeth accoglie questa battuta in modo molto chiaro e muove l’azione scenica a partire da essa. Macbeth, partendo da qui, astrae e compone creativamente, esattamente come fa la nostra immaginazione davanti all’arte in generale.

Quella frase è l’occasione. E allora Macbeth interpreta. A partire da questa interpretazione, abita il suo mondo in modo sempre più creativo, ideale, sovrannaturale.

Attivo per il pubblico di Sala Ichòs il servizio gratuito Vai a teatro in Navetta!

L’autobus preleverà gli spettatori a Napoli, in zona centro, il sabato alle ore 20.00 e la domenica alle 18 a piazza Borsa (adiacenze fermata metropolitana) e li accompagnerà nello spazio di San Giovanni a Teduccio. Garantito anche il ritorno, con destinazione finale sempre piazza Borsa.

Il servizio è gratuito e attivo su prenotazione al numero 335 767 5152, indicando il cognome e il numero di passeggeri.

Sala Ichòs

Via Principe di Sannicandro 32/A – San Giovanni a Teduccio (NA)

Fermata metro linea 2: San Giovanni a Teduccio – Barra

Lo spazio è dotato di ampio e gratuito parcheggio.

Info e prenotazioni: 335 765 2524 – 335 7675 152 – 081275945 (dal lunedì al sabato dalle 16 alle 20 – domenica dalle 10 alle 17)

Giorni e Orari: giovedì, venerdì e sabato ore 21; domenica ore 19

Biglietti: intero 10 euro; ridotto 5 euro

Formula abbonamento 4 spettacoli + 1 concerto 32 euro

NOTE DI REGIA – L’Italia s’è desta

Il monologo che racconta è arcaicamente legato alla riflessione sociale che tutto ciò che è detto appartiene alla storia e quindi alla verità. Questa operazione gioca, invece, nel caso specifico, sul falso accaduto. Un’invenzione plausibile che rispecchia la faciloneria delle “vittime” dei mass media e l’esaltazione e manipolazione che ne deriva. Basta pensare ai casi più recenti di manomissione e celebrazione della realtà criminale italiana: Sara Scazzi, Garlasco, Cogne, Costa Concordia eccetera.

Il gioco de L’Italia s’è desta si svolge sull’idea del racconto reale di qualcosa che come al solito, successivamente, viene manomesso. Ma che nel caso specifico è già manomesso alla fonte. È un racconto metaforico-ironico di un’Italietta credulona, epiteto significativo.

NOTE DI REGIA – Macbeth. Aut idola Theatri

Nel Novum Organon, Francis Bacon traccia un metodo finalizzato alla conoscenza di un fenomeno. La pars destruens è costituita dagli Idola, i pregiudizi della mente. Gli Idola Theatri, in particolare, sono le filosofie superstiziose, quelle, cioè, che hanno contribuito a creare mondi fittizi da palcoscenico, quelle che ci rendono interpreti della realtà come se essa fosse intrisa di presagi, scopi, fini, disegni. Da qui l’idea scenica di non rappresentare i personaggi in quanto personaggi, ma come “stati di coscienza”. Il mondo fittizio è quello di Macbeth, chi lo popola avrà le sembianze che Macbeth ha scelto di dargli. Tenteremo di raccontare la sua allucinazione partendo dalle visioni sui corpi esistenti, vivi, mortali. Sono prima di tutti i corpi ad apparire, sono loro i primi attori delle visioni di Macbeth, solo poi arriveranno i morti, gli spettri. È così diverso dalla realtà? Chiunque sceglie di vedere nell’altro quello che più desidera vedere, nonostante l’altro si affanna nel mostrarci solo quello che desidera. E come siamo nell’òikos? Quanto siamo diversi quando restiamo soli? Quanto possiamo essere terribili e spaventosi quando siamo soli? Cosa ci tradisce in una dimensione pubblica? Il corpo, prima di tutto, il corpo ci fa scoprire. Scegliamo, allora, talvolta, di illuminarne solo delle parti, quelle che possono essere testimoni della nostra finitezza. Perché la finitezza, alla fine, si mostra. Vogliamo presentare il personaggio di Macbeth, e il suo attraversamento nella storia, attraverso l’esperienza di essere prima di tutto persona, poi attrice.

Scegliamo di usare le luci non come dispositivo estetico o mezzo o protesi, ma come parte integrante della scrittura scenica, elemento drammaturgico, attore e testo. In scena una lucciola, una torcia, una lampada wood, una testa mobile mostreranno quello che non c’è, sceglieranno di illuminare poco, talvolta, e guideranno l’imperativo “immagina”.

Ad introdurci nell’opera sarà un personaggio minore, una “comparsa” potremo dire: un portiere che arriva nel secondo atto, quel fool immancabile nei testi di Shakespeare; è lui che apre la porta ai personaggi dell’opera, li invita ad entrare in quel mondo fittizio e a farsi stati di coscienza. Quel mondo lui lo chiama inferno. E a tutti è parso, almeno una volta, che la propria mente fosse un inferno.

Abbiamo lavorato, poi, sulla sonorità, su quei “colpi” che scandiscono, atto dopo atto, l’opera shakespeariana: colpi come presagi di qualcosa che arriva o rumori che si accompagnano a visioni, si fanno tuono, implorano di farsi aprire una porta da un morto.

Abbiamo, inoltre, scelto di provare a recuperare la bellezza del verso di cui la traduzione in prosa ci priva: nelle scene di violenza (che Shakespeare fa spesso raccontare a terzi e che quindi non “mette in scena”) abbiamo sostituito il pentametro giambico inglese con l’endecasillabo, per amplificare la narrazione e il silenzio che da essa scaturisce, come la poesia che è sempre linguaggio di respiri sospesi e spezzati. Ci siamo rivolti anche a Carmelo Bene, a quei “cretini che vedono la Madonna” in Nostra Signora dei Turchi. Ci siamo rivolti a tanti altri, necessari interlocutori della nostra ricerca: Alfred Jarry, Emily Dickinson, Albert Camus, tra gli altri, e abbiamo scritto.

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