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È meglio avere un cuore nel sogno o un sogno nel cuore?

NAPOLI (Di Anna Calì) – Quant’è difficile avere un cuore nel sogno o un sogno nel cuore? Tanto, troppo. Il cuore è un muscolo strano. È colui che comanda tutto: delusioni, gioia e decide persino quanto sangue deve pompare e come, è lui che decide quando è arrivato il momento di fermarsi. Ma è anche colui che soffre di più, si prende i graffi, le sberle e tutto ciò che di negativo possa esserci, eppure, non molla un attimo. Neanche nei momenti peggiori. Perché per quanto male possa ricevere, lui è sempre pronto a rimettersi in gioco, a gioire e a sorridere alla vita.

Nasconde i più grandi segreti che, a volte, vengono messi “a nudo”, dinanzi a tutti, a causa anche dei battiti incessanti che sarebbero capaci di farsi sentire anche in mezzo alla confusione. Ed è di cuore e sentimenti che ci parla lo scrittore napoletano Dave Given con il suo ultimo romanzo dal titolo: “Un cuore nel sogno”, un romanzo ambientato a Napoli, per l’appunto e, che pone al centro non soltanto il sentimento dell’amore ma anche l’amore che i napoletani provano nei confronti della propria squadra del cuore, ma anche l’amore verso un genitore, in questo caso: verso la figura paterna.

Dave dedica parti del suo racconto citando le partite che hanno caratterizzato la conquista del terzo scudetto, il momento in cui venne decretato il titolo di: “Campioni d’Italia” e i festeggiamenti; parti che per il momento resteranno un lontano ricordo e, forse soltanto l’arrivo di Antonio Conte e il lavoro che farà darà finalmente, di nuovo, quell’ottimismo ormai perduto.

Pagine che si leggono con le lacrime agli occhi e no, non soltanto perché ci fa ricordare i bei momenti vissuti con il calcio ma anche perché lo scrittore decide di regalarci e confidarsi con i propri lettori attraverso parti autobiografiche. Ed è proprio qui che ci rendiamo conto che a volte, il più importante dei sogni e desideri che possiamo richiedere ai nostri cuori è quello di: poter far star bene la persona a noi più cara e, nel caso di Dave questo sogno si è avverato.

Non è importante avere un cuore nel sogno o un sogno nel cuore, l’importante è trovare sempre un valido motivo per credere in qualcosa, ma soprattutto che il sentimento dell’amore possa essere sempre dimostrato che sia verso qualcosa o qualcuno, non importa. Importa sentire quel tonfo e quei battiti che ci fanno ricordare che stiamo vivendo nel modo giusto e, ora è giusto lasciare la parola a chi sicuramente saprà spiegare con parole decisamente migliori lo status dell’amore e dei sentimenti.

Mr. Given, è più difficile avere un cuore nel sogno o un sogno nel cuore?

“Ho mille sogni nel cuore e li tengo lì e mi fanno gioire al solo pensarci. Per cui è senza dubbio più difficile avere il cuore nel sogno: ci sono momenti dove bisogna essere fermi e crederci con tutto se stessi per non mollare”.

Come nasce l’idea del suo ultimo romanzo e come mai fra i tanti generi ha scelto di dedicarsi ai romance?

“Volevo scrivere qualcosa legato allo scudetto del Napoli – che mi ha appassionato tanto – e l’amore è il centro di ogni cosa del mondo. Per cui ho provato a mettere insieme amori diversi in un’unica storia”.

Un romanzo che parla d’amore sì, ma anche di tanto calcio. Come lo vede Antonio Conte sulla panchina del Napoli, cosa pensa degli ultimi acquisti fatti e quali reparti secondo lei dovrebbero essere rinforzati?

“Conte è l’allenatore che serviva dopo la passata stagione. Una voce autorevole che tutti seguono senza indugi. Per gli acquisti voglio vedere cosa succede in attacco. Poi credo molto in Folorunsho, forse avrei preso qualche esterno in più e un altro difensore centrale”.

Uno dei protagonisti chiave del libro, è un bambino nigeriano. Nigeriano proprio come Victor Osimhen, lei spera che vada via o che resti nel Napoli di Conte?

“Io spero resti, ma con una mentalità diversa. La scorsa stagione mi è parso facesse troppi capricci. Ma è un giocatore fortissimo”.

Tanti sono i riferimenti fatti a Massimo Troisi, quanto manca una persona come lui e cosa avrebbe potuto insegnare ai giovani di oggigiorno?

“Manca infinitamente, purtroppo ne abbiamo goduto relativamente poco. Troisi è la vita, quindi può ancora insegnare tutto. Se devo scegliere degli aspetti in particolare: il valore della timidezza (che oggi pare scomparsa o addirittura un male) e soprattutto la capacità di essere se stessi in modo naturale: lui è stato un unicum riuscendo a portare se stesso sullo schermo”.

Un romanzo che ha molti tratti autobiografici, quant’è stato difficile scrivere quelle parti? E in tutti i suoi romanzi troviamo qualcosa di lei?

“Non è stato difficile scrivere quelle parti in quanto sono uscite di getto. La scrittura è il mio modo di buttare fuori le emozioni. È stato difficile decidere di pubblicarle, non ero certo di volermi donare in maniera così totale, avevo paura di sentirmi troppo esposto emotivamente. Però sono contento di averlo fatto. Sì, c’è sempre un po’ di me nascosto qua e là in qualche personaggio”:

Quanto conta per lei avere una “parentesi aperta”, nella propria vita? Ecco, la domanda non è a caso, visto che “Parentesi aperta”, è il titolo di un altro suo romanzo. Può parlarcene un po’ e lei cosa farebbe nei panni di Giordano?

“Non ho una visione completa e soddisfacente sulla questione (sorride, ndr). Forse in questo momento della mia vita penso che le parentesi aperte vadano chiuse… per cui vedremo ancora Giordano e lasciamo a lui i suoi problemi please. :S”

Le ambientazioni dei suoi libri sono perlopiù nella città di Napoli, ad oggi, cosa vorrebbe cambiare della sua città e come, secondo lei, potrebbe essere migliorata sotto certi aspetti?

“Domanda complicata. Il popolo napoletano è qualcosa di non ben definibile, talmente variegato e in continuo movimento… ribolle come il magma che ha sotto i piedi. Io credo che come cosa più urgente ci sia bisogno di più scuola (dati sull’abbandono scolastico sono preoccupanti) e quindi educazione, rispetto, socialità e cultura. Tutti noi napoletani ci professiamo innamorati della nostra città eppure, come spesso capita in quei rapporti passionali ma tossici, non ci comportiamo né con amore, né con cura”.

Ha in mente di scrivere altro? E in che momento nasce l’esigenza di scrivere?

“Ho sempre in mente di scrivere altro, il mio problema è il tempo… L’esigenza di scrivere nasce da quando il mondo variopinto che ho dentro è diventato troppo grande e quindi pressante da tener chiuso”.

Professore, scrittore, sceneggiatore, ma anche direttore scientifico della collana romance della PAV, può dirci un po’ dove trova il tempo per fare tutte queste cose e, soprattutto, quant’è difficile essere un direttore scientifico della collana?

“Direttore Scientifico di collana è un ruolo difficile per il solo fatto di dover dire no ai sogni di altri scrittori… Per il resto non so come riesco, ma ci metto tanta passione e quindi non mi pesa”.

Tante cose da fare e tanto poco tempo. Può raccontarci un po’ com’è la sua giornata tipo?

“Dipende. Se ho scuola prende tutto il tempo e le mie energie almeno fino a sera. Nei giorni senza scuola sveglia alle 5 colazione e poi subito al pc e spesso così fino a notte fonda con piccole pause distensive in cui i pensieri hanno modo di mettersi in ordine”.

Ci sono nuovi progetti all’interno della PAV? Se sì, può anticiparci qualcosa?

“Come detto prima ho iniziato la progettazione di Parentesi Chiusa. Ma ho anche un’idea per un dark romance…”

Una frase di uno dei suoi libri che la rispecchia maggiormente qual è?

“Ne ho tante… citerò l’ultima che dà anche il titolo al libro:

“Prima di fare qualsiasi scelta, ricordati sempre di fare due cose: sognare e metterci il cuore. Solo così potrai essere sicuro di aver fatto la cosa giusta.”

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