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La mostra “FANGO gli Squallor a tutto tondo” al Tin di Napoli

NAPOLI – Una festa della durata di 12 giorni, in perfetto stile Squallor, accompagna la mostra “FANGO, gli Squallor a tutto tondo” di Salvatore Scuotto alias Morale-s e Nicoletta Itto al Tin Teatro Instabile Napoli.
Vernissage di apertura fissato per sabato 12 ottobre alle 18.00 con la performance teatrale di Gianni Sallustro scritta dal giornalista Carmine Aymone con Tommaso Sepe, Stefania Vella, Alessandro Cariello, Emanuela Guarino, Noemi Iovino, Carlo Paolo Sepe. Costumi di Rosa Ferrara, aiuto regia Maria Crispo e consulenza artistica di Marcello Radano.
A seguire gli interventi di Gianna Albini Bigazzi, Giovanni Bigazzi, Attilio Pace, Ciro Castaldo. Con loro ci saranno: Giuseppe Gaeta, direttore dell’Accademia di Belle Arti Napoli, Pasquale Napolitano, docente di Digital Video Accademia di Belle Arti Napoli, Ciro Castaldo, docente e autore del libro “FANGO, gli Squallor a tutto tondo” Edizioni Melagrana, Pasquale Ruocco, critico d’arte.
Ad aprire la mostra al pubblico, una performance musicale a cura di Salvio Vassallo e Valentina Gaudini.

Domenica 13 ottobre alle 11.00 presentazione del libro di Ciro Castaldo “FANGO, gli Squallor a tutto tondo” (Edizioni Melagrana). Con l’autore interverranno il giornalista Antonio Porcelli, l’editore Roberto Malinconico, e Gianna Albini Bigazzi, Giovanni Bigazzi, Attilio Pace, Lorenzo Procacci Leone.

“FANGO, gli Squallor a tutto tondo” è la mostra di scultura dedicata agli Squallor realizzata da Salvatore Scuotto alias Morale-S e Nicoletta Itto, organizzata dall’Associazione Paleocontemporanea in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Napoli e con il Tin Teatro Instabile Napoli. L’evento si avvale del Patrocinio del Comune di Napoli.

Il percorso celebra gli Squallor nei diversi linguaggi dell’arte, da quella visiva, passando per la musica e il cinema, fino a quella letteraria e teatrale.

Obiettivo della mostra è dimostrare quanto il variegato patrimonio espressivo degli Squallor sia ancora fecondo e quanto la loro importanza nella storia del costume, del linguaggio, della satira politica e dell’arte può, senza nessuna esitazione, consegnarli ai posteri con l’attributo di veri maestri.

Fango – dice Salvatore Scuotto – è la parola giusta per titolare la mostra, perché in essa c’è quell’ambiguità che non esclude la speranza. “Dal letame nascono i fiori”, cantava De Andrè, (tra l’altro anche lui bersagliato dall’ironia degli Squallor) e il concetto resta inoppugnabile.

Fango è parola perentoria, come lo erano i titoli degli album del gruppo che lasciavano intuire sempre significati altri.

In mostra saranno proiettati i contributi audiovisivi dedicati agli Squallor, realizzati dagli allievi della scuola di Cinema dell’Accademia di Belle Arti, coordinata dal professore Pasquale Napolitano.

Gianni Sallustro, anima creativa del Tin, interpreterà un monologo sugli Squallor scritto dal giornalista Carmine Aymone.

Il nostro approccio – continuano Itto e Scuotto – è stato in tono con il mondo Squallor, divertente e sfrontato. La scelta del materiale categorica: l’argilla.
Le sculture sono eclettiche, ironiche, provocatorie e a tratti sfacciate ma mai gratuite. Gli stili si alternano e le citazioni sono molteplici. Le tecniche utilizzate sono le più disparate, dal colombino alla cottura raku, al policromo a freddo fino alle smaltature a fuoco. Abbiamo dato fondo a tutta la nostra attitudine artigianale per esprimere in modo compiuto ogni idea. Così, come negli album degli Squallor, questa esposizione di sculture offrirà al pubblico un “vasto repertorio”.

Chi erano gli Squallor:

Ci racconta Pasquale Ruocco, critico d’arte e curatore della mostra, che “Nel luglio del 1971 Alfredo Cerruti, Totó Savio, Daniele Pace, Giancarlo Bigazzi e, pur se per brevissimo tempo, Elio Gariboldi, diedero vita alla band più irriverente, eversiva ed esilarante della musica italiana: gli Squallor.
In circa vent’anni di carriera divennero, tra mito e leggenda, un prodotto di massa di incredibile successo, nonostante fossero, in particolare per il ricorso ad un linguaggio non proprio convenzionale, un fenomeno sotterraneo, clandestino, fortemente ostacolato, tuttavia ascoltato da moltissimi nel segreto delle proprie stanze o automobili, complice la diffusione delle autoradio, delle radio libere e delle cassette pirata; sintomo di un profondo desiderio di libertà, anche espressiva, in una Italia post sessantottina dall’inquieto orizzonte.
Una rock band che del nonsense, del turpiloquio e della satira fece i propri cavalli di battaglia, demolendo ogni limite linguistico posto alla canzone italiana, e non solo, pur muovendosi, più o meno consapevolmente, in un lunga tradizione letteraria che dall’antichità raggiunge i nostri tempi.”

La mostra raccontata dal critico Pasquale Ruocco

“Con gli Squallor, Morale-S condivide il gusto per la caricatura, lo sberleffo, il piacere della satira, una certa irriverenza e l’autoironia.
Un tragitto, quello immaginato dagli artisti, che, se da un lato appare come un percorso iniziatico nello sconcio immaginario degli Squallor, dall’altro costituisce l’occasione per tanti ascoltatori di contrabbando di venir fuori.
Così prendono forma le immagini, realizzate partendo dalle copertine degli LP degli Squallor, molte delle quali ideate dall’autorevole Luciano Tallarini. Penso al cavallo a dondolo apparso su Troia, il primo album inciso dagli Squallor, qui riprodotto con la tecnica del raku, realizzato con la collaborazione con il ceramista Filippo Felaco; all’articolato ‘tavolo da biliardo’, la cui esecuzione ha visto il coinvolgimento della Marem, specializzata nella manutenzione di imbarcazioni, sul quale ‘rotolano’ due simpatiche palle alludendo ad esplicite pratiche sessuali. Mutando, uno dei lavori più complessi di Tallarini, qui diventa una donna bionica ispirata alle pin-up robotiche dell’illustratore giapponese Hajime Soroyama e alle sculture post-human di Matthew Barney.
Ancora Tocca l’albicocca, album del 1985 la cui copertina riprendeva la lussuosa grafica delle edizioni Franco Maria Ricci, qui riproposta come un giardino delle delizie in cui cogliere i nuovi frutti del peccato, tutti realizzati e dipinti a mano con estrema cura, facendo ricorso alle tecniche del colombino e del colaggio.
A questi si aggiungono un maialino-cupido, testimonial dell’erotismo più sfrenato tipico degli Squallor, e il fascioratto di Revival, ispirato ad un esilarante brano del 1982, ancora oggi, sfortunatamente, attualissimo.
Il repertorio degli Squallor non poteva, inoltre, non trovare uno spazio anche nel cinema, producendo, complice Ciro Ippolito, le ‘peggiori’ pellicole del cinema italiano, capaci, tuttavia, di diventare veri e propri oggetti di culto.
A questi Morale-S dedica il ritratto di Arrapaho, ancora ispirato all’illustrazione di Tallarini, che diventa un koùros greco le cui doti virili competono con il Priapo della casa dei Vettii di Pompei.
Seguono gli Uccelli di Italia, seconda pellicola degli Squallor, ispirata all’omonimo disco del 1984: falli alati, veri e propri amuleti che se da un lato rimandano ancora all’antica cultura romana, dall’altro riprendono la Rocking machine, dello scultore e pittore olandese Hermann Makkink, resa nota dal celebre Arancia Meccanica di Kubrick, assieme al Christ Unlimited, dello stesso Makkink, e alle sculture ipersessualizzate di Allen Jones.
A questi si aggiungo quattro ritratti, rigorosamente monocromi, rifiniti come sono da uno strato di argilla liquida, di questi deliranti poeti, in bilico tra immagine sacra e ritratto classico.
Alfredo Cerruti indossa i panni del Vescovo Vincenzo Esposito, eletto suo malgrado e controvoglia Papa Gennarino I, il primo papa partenopeo che non sapeva il latino perché a Napoli non c’erano le scuole di quarta categoria; Daniele Pace, in Love & Pace, veste, invece, i panni di un Gesù, che aveva impersonato in Uccelli d’Italia, fortemente scaramantico, con in petto un cornetto porta fortuna al posto del sacro cuore. A Bigazzi, invece, Morale-S dedica un ricchissimo busto reliquiario contente gli oggetti iconici della sua esistenza mentre Totò Savio assume le fattezze di un diavolo dispettoso ma in fondo gentile.”

Info mostra:
Al Tin Teatro Instabile Napoli dal 12 al 24 ottobre
Ingresso € 3.00 (tranne il giorno 12 e 13 ottobre in cui l’ingresso è gratuito)
Lun-sab: 10.00-12.30/ 15.30-18.00
Domenica: 10.00-12.30

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