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“La regina della pasta folle”, secondo romanzo di Rosi Padovani

NAPOLI – A come amore, B come Bellezza, C come Cucina. La grammatica delle emozioni, l’Abc di Rosi Padovani passa per questi temi, alla base del suo nuovo romanzo, “La regina della pasta folle” (Guida editori, pagg. 251, € 16). Basterebbe questo per accendere i riflettori su una donna dal talento multiforme e dalle diverse sfaccettature. La scrittura rappresenta uno dei suoi volti, ma non l’unico: donna manager, appassionata di teatro (due suoi testi sono andati in scena nelle scorse edizioni del Napoli Teatro Festival Italia), sperimentatrice di ricette di dolci e pasticceria, Rosi Padovani ha deciso di raccontare un po’ del suo tempo migliore, quello in comune con tante altre vite comuni, in un romanzo che miscela passione, memoir personale e leggerezza; come scrive Manlio Santanelli nella sua prefazione “balza subito agli occhi la piacevolezza che la sua scrittura offre a chi si accinge a leggere. Una piacevolezza che risiede per intero nella sua semplicità” e che non fa parte di quella “dominante ‘dissenteria verbale’ che affligge il nostro tempo”.
Attraversata da un mix di fiction e di autofiction che scorre tra Napoli e Parigi la vicenda di Stella Do Mar, nata nella notte di Natale, è in bilico tra Ragione e Sentimento, tra ritorno alle radici e sguardo verso il futuro. Quante donne (ma anche quanti uomini, compagni, mariti e amanti) non si riconosceranno o troveranno un po’ di se stessi nelle pagine della “Regina della pasta folle”?
La storia di Stella fa i conti con una napoletanità universale, ancorata saldamente al proprio dna sentimentale e allo stesso tempo marinara e avventurosa, pronta per affrontare nuove sfide. Come una Ulisse al femminile, Stella è andata via dalla sua città, in parte spinta da un grande amore verso Parigi, un po’ da occasioni lavorative; ritorna alla sua Itaca senza un Penelope al maschile e senza Proci da ricacciare indietro. Affrontare il suo passato, che l’ha chiamata prepotentemente per affrontare questioni ereditarie, la spinge a rivedere la propria esistenza, a rimodellare sensi e strategie personali, scommesse ancora da risolvere.
Il lettore troverà tra le pieghe del libro anche un po’ di se stesso tra luoghi, ambientazioni, situazioni di vita che ci toccano tutti. Senza la presunzione di affrontare la prova del ‘grande romanzo’, Rosi Padovani trasmette al lettore un’esperienza e cristallizza un momento che arriva sempre nel corso di un’esistenza: si chiude una stagione e si apre un nuovo capitolo.
Tempo di bilanci e di riaperture: è il destino di Napoli (e della sua gemella non a caso, Parigi) e di Stella. L’autrice gioca con levità fornendo qui e là segni della propria perizia culinaria senza svelare troppo e lontana dalle didascalie. Una sapienza di stile contemporaneo che non ha padroni o madrine letterarie precise. Ispirata alla scrittura passionale, sensuale ed esoterica di Isabel Allende con cui sente di avere in comune la curiosità per la memoria familiare, Rosi Padovani si muove tra Scarpetta ed Eduardo, tra la grande pasticceria del Mezzogiorno e la nouvelle patisserie, tra le contraddizioni di un’educazione in una famiglia tradizionale e patriarcale e la voglia di rompere le convenzioni.
Il libro affronta una sorta di nodo gordiano, che risolve con una soluzione inattesa affidata alla volontà e alle regole del caso, al sesto senso e all’intuizione femminile di Stella, una non-eroina, pronta ad arrivare nelle case di chi ama leggere e di trovare posto senza difficoltà tra i volumi da cui farsi catturare in questi giorni.

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