NAPOLI – Inaugura sabato 16 Novembre al Maschio Angioino, il Castel Nuovo simbolo della storia e della grandezza di Napoli, la personale di Luca Gilli, dal titolo “Plenum”, a cura di Marina Guida.
Il progetto, organizzato in collaborazione con la galleria Paola Sosio Contemporary Art di Milano, è promosso dall’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, e gode del Matronato della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee.
La mostra del fotografo emiliano, ospitata la scorsa estate a Capri, all’interno dei saloni liberty dell’incantevole Villa Lysis, un tempo dimora del ConteFersen, si arricchisce ora di diversi scatti inediti partenopei. In questa nuova tappa di Plenum, Gilli rivisita e amplia la narrazione fotografica pensata per la Villa sul tetto di Capri, portando il suo obiettivo fotografico sui complessi monumentali napoletani, in un rimando di scenari, così vicini, eppure così distanti.
Circa venti fotografie a colori di medio e grande formato in esposizione nell’imponente sede regale della dinastia Angioina prima, e di quella Aragonese poi, proprio nel cuore della scenografica Piazza Municipio, antistante la panoramica area del Porto.
Gilli articola il suo dialogo artistico, che è al tempo stesso scientifico e filosofico, facendo leva sul concetto di “Plenum”, di aristotelica e cartesiana memoria.
Nella teoria del “Plenum”, Aristotele descriveva l’universo come un’entità composta da particelle infinitesimali che non lasciano spazi vuoti tra le une e le altre. Anche nella dottrina di Cartesio, lo spazio era descritto come totalmente occupato da una materia impalpabile ed invisibile che costituisce la sostanza del vuoto; idea che Luca Gilli sposa in queste indagini fotografiche. Nella retina dell’osservatore si frammentano e ricompongono, in schemi compositivi liberi, elementi eterogenei: forme architettoniche classiche o contemporanee, sedute in interni spogli, canaline elettriche, materiali edili di vario genere, oggetti residuali o quotidiani, completamente immersi in un’atmosfera sospesa ed onirica, che è al tempo stesso reale e metafisica.
“In queste opere – scrive la curatrice Marina Guida nel testo critico in catalogo- le ombre sono azzerate e gli oggetti sembrano fluttuare in un fluido invisibile, che ne avvolge la forma e ne struttura l’essenza.Si tratta di un modus operandi, al tempo stesso etico ed estetico, che si contrappone alle pratiche fotografiche correnti, focalizzate sul pieno e sull’eccesso narrativo ed espressivo. Un’inversione di tendenza che intercetta e struttura una precisa architettura visiva invitando alla pausa, all’ascolto, alla riflessione, alla meditazione. L’artista rovescia il rapporto gerarchico tra figura e sfondo, e conferisce al vuoto il primato all’interno dell’immagine, dischiudendo così un nuovo orizzonte di senso, ed una inconsueta possibilità di visione.”
Gilli compone per sottrazione, per eliminazione dell’inessenziale, seguendo la lezione del grande architetto e designer tedesco Ludwig Mies van der Rohe “Less is more” e prima di lui, il famoso intento programmatico di Michelangelo Bonarroti “la scultura si fa per via di levare e non per via di porre”.
Il modo di guardare e quindi di fotografare di Gilli si struttura “per via di levare”, da sempre principale viatico per raggiungere il nucleo puro della poesia e del sublime. “Levare” è l’imperativo categorico di queste fotografie, che non vogliono impressionare lo spettatore, ma si presentano con naturalità e maturità all’occhio dell’osservatore, e arrivano all’essenza dell’immagine.
Il fotografo dedica particolare attenzione alla luce diffusa, che gli consente di rendere in forma visibile un’immagine mentale.
Il suo lavoro non è mai estemporaneo, al contrario richiede i tempi lunghi di una relazione fisica fattuale con l’ambiente. Gilli sceglie di eleggere a protagonista delle sue indagini fotografiche, non tanto gli oggetti all’interno di un contesto, quanto piuttosto le relazioni infrasottili che, tramite un elemento intangibile e non osservabile, il “plenum” teorizzato da Cartesio, sostanziano e strutturano la forma, lo spazio e il pensiero.
Un nuovo orizzonte di senso, ed una inconsueta possibilità di visione, per approdare alla considerazione che nello spazio il vuoto non è vuoto, ma soltanto una delle configurazioni visive possibili.