NAPOLI– E’ tratto dall’omonimo libro di Daniela Marazita, divenuto un caso letterario sia pure di nicchia, lo spettacolo Hai appena applaudito un criminale, che la stessa autrice e attrice brindisina porta in scena, da giovedì 24 marzo 2016 alle ore 21.00 (in replica fino a domenica 27), al Teatro Elicantropo di Napoli, per la regia di Alessandro Minati.
Per la Compagnia Luca De Filippo, che lo produce, lo spettacolo rappresenta un’occasione per riprendere il filo del discorso con un mondo di esclusione, avviato, a suo tempo, da Eduardo De Filippo con i ragazzi del carcere minorile di Nisida.Hai appena applaudito un criminale è un racconto autobiografico, che prende a pretesto l’esperienza di un laboratorio teatrale condotto con i detenuti del carcere di Rebibbia Nuovo Complesso, per sviscerare paure, idee, pregiudizi, pulsioni, sentimenti universali e atavici.I detenuti appaiono ora presenti, ora liberi, ora incastrati nelle loro stesse colpe. A raccontarli è sempre e soltanto lei, la Marazita, che, con la sua voce, trascina il pubblico nell’esperienza di una donna che sfida il pregiudizio estremo, scegliendo di fare teatro in carcere con uomini colpevoli d’indicibili reati.Rispetto al libro, la messa in scena condensa i passaggi salienti di un vissuto concreto, cercando un linguaggio, anche del corpo, espressivo, che punti chiaramente a mostrare come l’immaginazione, la poesia, la parola possano divenire strumenti di libertà e di cambiamento.Un’esperienza, trasfigurata grazie all’azione teatrale, che penetra inconsapevolmente il sommerso che è in ognuno di noi. Un incontro impossibile tra le sbarre che diviene realtà da condividere tra “liberi” e “detenuti.Nel luogo della privazione della libertà e di tante altre cose ancora, attraverso il teatro, si apre dunque una riflessione senza limiti anche sulle prigioni interiori, sul senso della “detenzione” come pena da infliggere, sul bene, sul male, sul valore della diversità di genere, e di ogni genere.Differenza, contraddizione, paura, giudizio, morale, sentimento, rigore, scoramento, riscatto, seduzione, violenza, impotenza dolore, desiderio, rieducazione, inadeguatezza: con queste parole si è dovuta scontrare, affrontandole.In un mondo che accetta la contraddizione come strumento di sopravvivenza, la prigione non è solo un luogo, ma anche metafora di vita.Grazie al lavoro laboratoriale condotto da Daniela Marazita e al loro impegno, quattro detenuti, autori di altrettanti monologhi, hanno ricevuto la menzione speciale della giuria al Premio nazionale di drammaturgia civile “Giuseppe Bertolucci” 2015.