Donne che portano pesi sulla testa e una donna che si è spogliata. Le prime sono donne “libere”, che però portano il peso delle aspettative sociali mentre, accanto a loro, c’è una donna che si spoglia del “peso” dei vestiti in segno di protesta contro la mancanza di libertà.
Due immagini emblematiche, due gesti apparentemente contraddittori, si rivelano invece due facce della stessa medaglia nell’opera The Weight of Freedom (“Il peso della libertà”, murale con tecnica half-tone) con cui l’artista di Pompei Nello Petrucci partecipa fino all’8 dicembre 2024, con una delegazione di artisti italiani, a Dak’Art Off 2024, evento collaterale della Biennale di Dakart (Senegal).
L’Italia è rappresentata con una mostra collettiva dal titolo “Art et Droit: le rytme de l’Humanité” sul rapporto tra diritto e arte, come mezzo di comunicazione ed espressione di precetti e buone pratiche, organizzata dalla Fondazione Donà Dalle Rose, in collaborazione con la Fondazione Léopold Sédar Senghor, che ospita la mostra.
Petrucci ancora una volta prende spunto dall’attualità per raccontare con il linguaggio dell’arte le contraddizioni del nostro tempo. In The Weight of Freedom, la figura solitaria della giovane donna che si spoglia degli abiti per protestare contro le imposizioni di un regime ha le sembianze della studentessa universitaria iraniana Ahoo Daryaei. La sua vicenda ha recentemente fatto il giro del mondo, dopo essere stata fermata per aver protestato all’università contro l’obbligo di indossare l’hijab.
Nell’opera è ritratta al culmine dell’atto di ribellione. Togliersi i vestiti non è solo un gesto di protesta, ma un modo per liberarsi simbolicamente del peso della sottomissione e delle norme che imprigionano. Qui la libertà viene cercata attraverso la vulnerabilità, mettendo a nudo la condizione umana e gridando il proprio dissenso con un atto estremo. La nudità, benché parziale, lontana dall’essere esibizionismo, diventa una forma di disarmo e sfida, un modo per affermare che la dignità e i diritti non possono essere coperti o soffocati.
Nell’altro lato di The Weight of Freedom, le donne di colore che avanzano portando pesi sulla testa (grandi giare forse contenenti acqua) impersonano la resistenza quotidiana, la capacità di sostenere il peso delle aspettative sociali, dei ruoli imposti e delle oppressioni invisibili. Esse rappresentano un gruppo unito, una comunità che condivide la stessa condizione e che trova forza nel collettivo. Questo gesto di avanzare, pur gravato da un fardello, simboleggia la perseveranza e la determinazione di chi lotta senza abbandonare il proprio cammino, pur in silenzio.
La combinazione di questi due elementi crea un dialogo potente e significativo: le donne che portano pesi sono simbolo di sopravvivenza e forza collettiva, mentre la donna che si spoglia è il simbolo dell’atto individuale di rottura, la rivendicazione di una libertà più autentica e personale. Petrucci riesce così a rappresentare la dualità della lotta per la libertà: un percorso che richiede sia il sostegno della comunità sia il coraggio individuale di sfidare apertamente l’oppressione. L’opera non solo celebra la resilienza femminile, ma stimola una riflessione su come la libertà sia un concetto complesso, conquistato giorno dopo giorno attraverso azioni condivise e atti di ribellione personale.
«Il potere dell’arte – ha spiegato Petrucci – sta proprio qui, nella capacità di mettere in discussione il presente e di stimolare una riflessione profonda su temi come la dignità umana e la libertà. Dobbiamo ringraziare le persone che mettono a repentaglio la loro vita per protestare. È doveroso da parte nostra dimostrare loro la nostra riconoscenza».
Petrucci ha già affrontato tematiche simili in passato. L’anno scorso, con l’opera Velo, aveva ricordato Mahsa Amini, la giovane iraniana divenuta simbolo di protesta contro le restrizioni imposte alle donne. The Weight Of Freedom prosegue questa riflessione, inserendosi in un contesto più ampio di denuncia e solidarietà internazionale.