Comprare una marca da bollo da 2 euro dai tabaccai di 10 città con la carta di credito o il bancomat è stato impossibile in circa la metà dei casi.
Ma è davvero così impossibile pagare dal tabaccaio con carte e bancomat? Nel settembre scorso, siamo andati in 100 tabaccherie di 10 città (Milano, Padova, Roma, Bari, Cagliari, Napoli, Bologna, Palermo, Torino e Genova) a comprare una marca da bollo da 2 euro con l’intenzione di pagare con la carta. Non ci siamo riusciti in circa la metà delle tabaccherie.
Valori bollati: non si pagano solo in contanti
Nel 34% dei casi, i tabaccai che hanno rifiutato il pagamento digitale ci hanno detto che i valori bollati si possono pagare solo in contanti. Non è così, dal 26 giugno scorso è entrato in vigore l’obbligo di accettare i pagamenti elettronici per i valori bollati (come, ad esempio, la marca da bollo per il passaporto da 73,50 euro), quelli postali e i generi di monopolio, come le sigarette.
Senza parlare del fatto che, dal 2014, è in vigore l’obbligo per i negozianti di accettare i pagamenti digitali per qualsiasi importo anche minimo.
Perché i tabaccai preferiscono i contanti
Bisogna dire che il 12% dei tabaccai che hanno detto no si è scusato spiegando che le commissioni bancarie sono troppo alte per una transazione di 2 euro. Un tabaccaio di Milano ci ha fatto pagare con la carta a fronte di una commissione di 20 centesimi. Una pratica ovviamente illegale.
Genova e Napoli sono le città peggiori, solo due tabaccai su dieci hanno accettato il pagamento con carta, mentre Bologna e Padova sono state le migliori perché in otto casi su dieci abbiamo potuto usarla. Anche Palermo si è distinta in positivo con sei sì su otto.
Del resto, la questione delle commissioni bancarie è il nodo da sciogliere perché il cittadino possa pagare come vuole. Soprattutto quando si tratta di piccoli importi.
Cosa dice la legge
La norma che obbliga esercenti e professionisti ad accettare i pagamenti digitali per tutti gli scontrini, anche quelli di piccolissimo importo, è in vigore in Italia da quasi dieci anni ormai. Un obbligo che è sempre rimasto di fatto solo sulla carta dato che, nonostante siano state più volte annunciate, non sono mai arrivate le sanzioni. Infatti, solo dal 30 giugno 2022, chi non accetta un pagamento digitale di qualsiasi importo è passibile di una sanzione amministrativa pari a 30 euro a cui va aggiunta una percentuale pari al 4% del valore del pagamento rifiutato. In pratica, se un negoziante dovesse rifiutare un pagamento di 100 euro rischierebbe una sanzione di 34 euro, se rifiuta un pagamento da 5 euro la sanzione sarebbe pari a 30,20 euro.
Commissioni troppo salate per i negozianti
Perché i pagamenti digitali siano realmente convenienti sia per chi paga sia per chi li riceve, le commissioni di incasso devono essere sostenibili anche per le piccole attività. Infatti, i commercianti sono costretti a pagare sui piccoli importi commissioni di incasso salate agli enti emittenti. Nella nostra ultima inchiesta per vedere quanto davvero pagano di commissione i commercianti, abbiamo verificato, ad esempio, che se paghiamo la colazione al bar da 5 euro con la carta, l’esercente si accolla una commissione che arriva anche a 50 centesimi, pari al 10% .
Per cercare di risolvere questo problema, nel marzo scorso, è stato istituito un tavolo tecnico presso il Ministero dell’economia e delle finanze la cui finalità era quella di individuare soluzioni per contenere i costi delle transazioni elettroniche, tra i quali i pagamenti attraverso i Pos. Dai lavori del tavolo presso il Mef il 27 luglio scorso è arrivato l’accordo siglato tra ABI, APSP, Confartigianato, Cna, Confcommercio, Confesercenti e FIPE per la definizione del “Protocollo d’intesa per la mitigazione, la maggiore comprensibilità e comparabilità dei costi di accettazione di strumenti di pagamento elettronici”.
Un accordo per abbassare le commissioni: solo un invito
Nell’accordo l’ABI (Associazione bancaria italiana) e l’APSP (l’Associazione dei prestatori di servizi di pagamento) si impegnano a invitare i propri associati, a promuovere iniziative commerciali nei confronti degli esercenti, volte a ridurre l’impatto dei costi di incasso per le transazioni di basso valore, cioè di importo non superiore a 30 euro. Impegno che riguarda solo esercenti e professionisti con ricavi e compensi di ammontare non superiore a 400mila euro. C’è anche la richiesta che le iniziative commerciali siano significativamente competitive per quanto riguarda le transazioni fino a 10 euro. Inoltre, queste iniziative andranno pubblicizzate per almeno 6 mesi e avranno durata non inferiore a 9 mesi. Quindi, l’accordo prevede solo un invito agli operatori affinché riducano le commissioni e comunque a tempo, perché il costo calmierato potrebbero durare anche solo nove mesi.
Pensiamo che la direzione sia quella giusta, ma lascia qualche perplessità il fatto che ogni operatore potrà decidere come e quando aderire. Sarebbe auspicabile invece trovare un accordo che porti a un consistente abbassamento, se non un azzeramento, delle commissioni Pos per i pagamenti fino a 30 euro, che costituiscono la maggior parte di quelli effettuati dalle persone nella quotidianità e possono, quindi, consentire di far fare un balzo in avanti all’adozione dei pagamenti digitali.
E se il tabaccaio diventasse uno sportello bancomat?
Nella legge di bilancio attualmente in discussione, il governo ha inserito una norma che prevede, a partire da gennaio 2024, la possibilità di prelevare contanti fino a 250 euro nei negozi di prossimità tramite Pos: dal tabaccaio all’edicola, dal supermercato alla farmacia. Anche se non ci sarà un obbligo per gli esercizi commerciali a fornire questo servizio. Questa norma è stata pensata per agevolare soprattutto i piccoli Comuni dove gli sportelli bancari stanno sparendo. Una buona notizia per i cittadini, ma anche per tabaccai, edicole e negozi che nell’offrire questo servizio potranno semplificare la gestione del contante. Quasi un paradosso visti i risultati della nostra inchiesta.