NAPOLI – Torna a parlare il presidente del Napoli Aurelio De laurentis e lo fa a margine della tavola rotonda dal titolo “Focus su una delle nuove aree delle fusioni e acquisizioni. Il calcio, l’entertainment e il passaggio di proprietà dei club. Come creare valore con un club e il modello della media company” organizzato a Milano nell’ambito di “Merger & Acquisition Summit 2023” evento del Sole 24 ore.
“O il calcio lo si intende come un’impresa, e purtroppo in Italia lo è a metà, o non si va da nessuna parte. Il mio modello è sempre stato il cinema, venendo da una famiglia di cinema e avendo toccato con mano circa 400 film ho imparato a fare il mestiere dell’imprenditore puro. Il film è un’opera dell’ingegno che si realizza attraverso un processo industriale e ti devi autofinanziare esaminando il mercato e la valenza del tuo committente, che è il pubblico. Ho spostato la stessa cosa nel calcio. Quando sono arrivato a Napoli non sapevo neppure come si giocasse, ma venendo da una famiglia di napoletani venivo portato ogni tanto a vedere il Napoli col ciuccio con la coreografia che negli anni 50-60 aveva una valenza cinematografica. Appena arrivato ho detto: agli attori e al regista cosa chiediamo? La cessione dei diritti di quello che fanno. Ho applicato la stessa cosa nel mondo del calcio. A tutti i calciatori e allenatori chiedevo i diritti d’immagine.
Ho visto che c’era una malversazione da parte di grosse compagnie come Nike, Adidas, Puma le quali arrivavano e foraggiavano agenti e calciatori. Per cui era sempre una lotta al coltello. “Se vuoi venire nel Napoli devi distruggere il contratto che hai con questi signori altrimenti non puoi venire da noi”. Ad un certo punto io non ho avuto più la voglia di lavorare con Kappa e ho chiamato il mio amico Giorgio Armani e gli ho detto: mi presti il tuo marchio se mi auto-produco il materiale? Così abbiamo iniziato questa attività. Mia figlia appena laureata in psicologia si è interessata a questo. Bene, noi l’anno prossimo probabilmente triplicheremo il fatturato di Robe di Kappa. Mi sono inquietato con loro perché ho sempre dato importanza ai numeri, se io ho 83 milioni di simpatizzanti in Occidente e 15 milioni negli Stati Uniti e Canada e loro mi vendevano 54 maglie in America, a me venivano le convulsioni. Nel cinema ho sempre voluto fare tutto. Ho fatto il produttore, il distributore di me stesso quando gli americani non mi convincevano più, quando Cecchi Gori mi ha fatto concorrenza in un paio di giorni mi presi 350 cinema in Italia e qualcuno ce l’ho ancora.
Se la Nielsen mi certifica 83 milioni di simpatizzanti nel mondo occidentale e vedo che vendiamo solo 54 maglie in America, mi vengono le convulsioni, penso che c’è qualcosa che non funziona. Nel cinema ho fatto il produttore, il distributore di me stesso, quando Cecchi Gori mi faceva la concorrenza ha preso 350 cinema in Italia e qualcuno ce l’ho ancora.
I fondi sono una cosa importantissima ma di solito devono investire in un settore per dare redditività ai propri investitori. Sottraggono la redditività al settore stesso. Nel mondo del calcio sono sempre stato contrario ai fondi perché di calcio non capiscono nulla. E’ un mondo talmente complicato che se non ci stai dentro puoi chiamare i più grossi manager strapagandoli ma non è detto che quelli ti assicurino il risultato. Nella nostra Lega da fastidio che le proprietà non sono presenti. Mica c’è sempre Scaroni con cultura imprenditoriale di razza, ci sono anche personaggi che non hanno attributi per nuotare nell’oceano perché hanno paura degli squali. Molti prendono 2,5 milioni di stipendio – da me non farebbero nemmeno l’usciere – e dicono: chi me lo fa fare? Se il fondo serve per un’azione finanziaria allora ci sono le banche.
A San Siro si vendono i biglietti ai tifosi tramite una piattaforma, la stessa cosa va fatta per i tifosi virtuali che sono ben più numerosi in Italia e all’estero. Ripeto ci sono 83 milioni di simpatizzanti, per una partita di cartello posso attrarre 30-40 milioni di biglietti virtuali con una fatturabilità esponenziale mai considerata prima. Dicevo agli altri, perché dobbiamo andare da Sky che loro cosa ci capiscono? Loro nascono col cinema non col calcio e poi sono giovani, tant’è che stanno chiudendo in Germania e stanno per chiudere in Italia. Il nostro ad mi ha detto di comprarla per un miliardo, ma sono mestieri diversi. C’è chi si dedica ai contenitori e ai contenuti, io mi occupo dei contenuti pur avendo sale cinematografiche e lo stadio.
Gli stadi devono dare redditività se aperti 365 giorni l’anno, non per 20 partite. Siamo il Paese più bello del mondo ma anche il più ingessato. Molti vogliono fare presa invece che impresa. Io chiedo sempre ‘Appartieni ai prenditori o agli imprenditori?’, così ci adeguiamo.
Quando sento dire che un fondo può farmi lo stadio dico: no, lo faccio da solo lo stadio. Se deve dare redditività deve darla perché può lavorare tutti i giorni e non per le venti partite che si fanno. Governance? Siamo molto scarsi, ci mancano persone preparate per farlo che vanno scelte dopo aver fatto un programma. Che cosa voglio ottenere? Di licenziare i miei diritti ai miei tifosi nel mondo intero? Come lo faccio? Cosa incasso? 3-4 miliardi anziché 1,5? Bene, chi metto all’opera? Il presidente è appena arrivato e sta modificando lo statuto ma qui il problema grosso, e nessuno mai ne parla, è la pirateria. Finalmente adesso sembrerebbe che a maggio esca questa nuova legge per combatterla. Avevamo 4,3 milioni di abbonati tra Sky e Mediaset, oggi con Dazn, Tim e Sky siamo appena a 1,9 milioni, ne abbiamo persi 2,4 per strada che in termini di fatturato è tanta roba. Come si recuperano? Mettendo un tappo. Altrimenti puoi chiamare tutti i manager e fondi ma poi senza trippa per gatti scappano. Qua nessuno è fesso…
Stadi? Siamo il paese più appariscente del mondo, poi il più violento con mafia, camorra, ‘ndrangheta: questo non aiuta. Chi ci protegge? Dobbiamo fare gli stadi per farceli distruggere? A San Siro fu buttato un motorino dagli spalti. Ieri al Coni un signore di Firenze illustrava la facilità di costruire gli stadi, non è vero: vicino a me c’era Fenucci del Bologna che mi diceva ‘ma cosa sta dicendo?’. L’Italia è il Paese di Corte dei Conti e Sovrintendenze, il calcio dovrebbe avere via libera: se i Comuni non mettono soldi negli stadi, cedetelo ad un euro alla società che promette di investire tanti milioni. Dagli le autorizzazioni per farlo, e invece poi esce fuori che non si può fare il residenziale.
Dieci anni fa andai a vedere lo stadio dell’Arsenal, aveva 250 salottini e chiesi quanti ne avessero venduti: fu una operazione con cui si costruì lo stadio nel centro di Londra e tanti metri quadrati residenziali. Il sindaco di Firenze è nemico del calcio italiano, mi meraviglio perché è di origini napoletane. Il presidente della Fiorentina Rocco Commisso mi dice che gli impediscono di fare tutto. Quando feci il film ‘Tifosi’ dissi che stavano messi bene, non conoscevo il calcio poi l’ho toccato con mano. Sarebbe facile far partire una forza realizzativa in tutta Italia, ma ci vorrebbe Decaro, il sindaco di Bari, che raduna tutte le sovrintendenze e chiede di implementare o meno il calcio italiano.
Vengo sempre accusato di inneggiare ad un modello NBA, ma io credo che il gioco del calcio andrebbe rivisitato: c’è un intervallo di 15 minuti, i ragazzi a casa che giocano riprendono la partita dopo il 46′? Io non credo, li stiamo perdendo tutti ma continuiamo a fare la televisione con chi apparteneva al mondo del calcio di 20-30-50 anni fa.
Bisogna sanare il problema dei violenti, non dei tifosi che sono anche perbene, di quella frangia delinquenziale che andrebbe eliminata con un decreto. Incontrerò il ministro Piantedosi, dieci giorni fa ho preso appuntamento per dirgli che se non si risolve il problema possiamo dire addio al calcio.
In Champions League un padre ed un figlio possono avere due squadre, in Italia no: un fondo straniero si muove così, quando un anno fa mi hanno offerto 2,5 miliardi e mezzo per il Napoli mi sono chiesto: ma mi servono? Avrei dovuto comprarmi una squadra in Inghilterra, ma io ho origini napoletane. Il Napoli ha un valore? È un giocattolo della famiglia De Laurentiis, per cui non vedo motivi per cederlo fin quando non ci stancheremo. Eravamo abituati a fare 15-17 film all’anno, cinque anni prima del Napoli offrii 125 miliardi a Ferlaino che mi fece causa. Ero a Capri e lessi che Gaucci da Santo Domingo diceva di comprarsi il Napoli: era fallito, decisi contro il parere della mia famiglia, Luigi mi disse che non c’entravo nulla col calcio. Invece se uno ha voglia e ci crede, può.
Il Bari va venduto fin quando non cambiamo la legge, se la cambiassero come in Europa mi sarebbe piaciuto da uomo del Sud. Decaro mi fece una testa così, Luigi era a Londra per un film e mi disse che non gliene fregava nulla: dopo un’ora mi disse che c’aveva pensato ma avrei dovuto lasciarlo fare. L’ho indirizzato per un anno, in Serie D, ed è stato bravissimo ad entrare in un mondo di cui non conosceva nulla. Io ho tre figli: Valentina ed Edo lavorano nel Napoli, Luigi potrebbe farlo.
Champions League? Ho visto che Paolo Scaroni non è venuto a Napoli, magari non andrò io a Milano e porterà fortuna”