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Nella Tuscia Viterbese una Sagra per ogni mese

Castiglione in Teverina è uno stupendo paesino laziale, un gioiello incastonato fra il Lazio e l’Umbria, collocato su di una collina tufacea che si affaccia sulla Valle del Tevere. Le sue origini risalgono alla metà del IV secolo, con tracce di insediamenti etruschi. Storia, arte e natura incontaminata costituiscono quindi i punti di forza che invogliano i turisti a visitare tale luogo e che lo rendono meta ambita anche dai viaggiatori più esigenti. Per far conoscere tale realtà si è svolta recentemente la manifestazione “Borgo con Gusto” promossa dalla “Rete d’Impresa Castiglionese” in collaborazione con la DMO (Destination Management Organization) “Expo Tuscia” che si pongono entrambe come strumento in grado di coniugare marketing territoriale e imprenditorialità, mediante azioni mirate ma con una rinnovata convergenza che non può prescindere da una programmazione negoziata tra attori pubblici e privati. Non a caso alla presentazione della Guida “I Sapori della Tuscia” sono intervenuti sia la presidente dalla Rete d’Impresa, Debora Formica, sia il presidente della DMO Vincenzo Peparello. «A Castiglione, ha detto la Formica, sono presenti otto aziende che producono vino e che rappresentano una grande opportunità per il territorio. Ma il paese offre diverse altre situazioni per affacciarsi oltre i confini della nostra regione. Si possono fare grandi cose, ma occorre la partecipazione di tutti, oltre ad investimenti mirati. Il nostro territorio, purtroppo, non è ancora molto conosciuto e per questo la nostra azione deve essere promossa e sostenuta con l’aiuto di tutti gli attori che qui operano e, soprattutto, con quello dei media che, in questo caso, può essere determinante”. Un’opinione condivisa anche da Peparello che individua nella partnership pubblico-privato il successo dell’operazione intrapresa dalla Rete d’Impresa e che punta su una capillare azione di coordinamento fra tutte le realtà presenti sul territorio. Gli interventi dei due rappresentanti istituzionali hanno fatto da introduzione alla presentazione della pubblicazione di Antonio Castello il quale, dopo aver brevemente illustrato il luogo e la presenza al suo interno del MUVIS, il Museo del Vino più grande d’Europa e aver illustrato la storia dello stesso, è passato ad illustrare i contenuti della sua opera con una avvertenza: “il sottotitolo, ha detto, parla di “sagre” e “feste”, una distinzione che occorre tenere ben presente nello scorrere il volume. Le prime infatti, sono le manifestazioni che esaltano il prodotto e piatto tipico locale, mentre le seconde possono anche avere un valore enogastronomico, ma non individuano nulla di locale. E’ il caso della birra che pur essendo entrata a pieno titolo fra le abitudini alimentari degli italiani, non hanno nulla di storico e di locale”.
L’Autore non si limita a descrivere le manifestazioni ma fornisce anche, per ogni singola località, informazioni sulle attività economiche prevalenti, sulla gastronomia, sulla storia del luogo e sulle principali attrattive turistiche. Poi spiega perché, nell’affrontare, un tema così importante, sia partito dalle “sagre” che, per lo meno all’apparenza, si presentano come manifestazioni frivole. “Sono due i motivi che mi hanno indotto a questa scelta. Il primo è che solo attraverso le sagre è possibile assaporare i prodotti e piatti tipici locali attraverso gli odori e i sapori di una volta. Il secondo perché le “sagre” sono divenute oggi un vero e proprio fenomeno. Basti pensare che in Italia si svolgono ogni anno circa 20.000 eventi promossi e organizzati in massima parte dalle Pro Loco che investono in questa attività 700 milioni di euro per un ricavo che supera abbondantemente i 2 miliardi di euro; che impegnano in maniera più o meno fissa 10 mila addetti; che richiamano complessivamente oltre 50 milioni di visitatori la cui spesa media si attesta sui 15/16 euro pro-capite per un valore economico complessivo molto importante”. Il libro è un vero “vademecum”, utile se non indispensabile per programmare un viaggio nella Tuscia, sia pure per solo un weekend. Per l’Autore infatti, non esiste un paese dove non si organizzi una Sagra e soprattutto non c’è un mese dell’anno che non ne contempli qualcuna. Le sagre e le feste individuate dall’autore, che passa in rassegna tutti i 60 comuni della Provincia di Viterbo, sono circa 150 spalmate su tutti i mesi dell’anno. A Gennaio si festeggia Sant’Antonio Abate, Santo molto amato nella Tuscia, e a lui sono legate molte manifestazioni che esaltano alcuni fra i prodotti più rappresentativi dell’enogastronomia locale come la polenta, la bruschetta e l’olio. A Febbraio le Sagre si legano al Carnevale e ai suoi dolci tipici (castagnole, frappe, ecc.). I mesi di Marzo e Aprile sono dedicati ai riti della Pasqua e molti sono gli eventi ad essa dedicata come il “Purgatorio” di Gradoli o la “Merenne bolsenese” di Bolsena. Si tratta di due manifestazioni molto antiche, risalenti ad epoche remote. La manifestazione di Gradoli in particolare risale al ‘500 e venne istituita col pretesto di soccorrere le anime del Purgatorio. Maggio è il mese della primavera, periodo in cui le greggi possono alimentarsi dell’erba più fresca, con il risultato che il loro latte sia più consistente, profumato e saporito per la produzione di formaggi particolari come l’ottima “ricotta” (che comunque formaggio non è) o la più saporita “caciotta”. Sempre in questo mese figura una Sagra inserita nel Guinness dei Primati: quella del Lattarino di Marta, classificata tra le prime dieci Sagre popolari più importanti d’Italia. La Sagra si segnala per il fatto di cuocere, nei due giorni della festa, in una padella di oltre 3 metri di diametro (anche questo è un primato), ben due tonnellate di lattarino, il pesce più piccolo del lago, “annegato” in 1.200 litri di olio. Giugno è il mese delle ciliegie (Celleno) e delle zucchine (Fabbrica di Roma). Ma è anche il mese dedicato alla porchetta (Vallerano), unica rispetto a quella delle altre regioni confinanti (Toscana, Umbria e Marche), ma anche a quella della stessa Ariccia. Una differenza che si sostanzia nella presenza del finocchietto e del peperoncino. Luglio è il mese della frutta, in particolare del melone (Tarquinia e Montalto di Castro). Agosto è il mese delle feste: praticamente si festeggia di tutto e ogni paese cerca di sfruttare la maggiore frequentazione turistica per organizzare ogni tipo di sagra. Settembre è il mese delle sagre particolari come possono essere quelle dedicate al “coniglio leprino viterbese” (Vitorchiano), allevato allo stato brado in appositi recinti, e quella dedicata alla lumaca (Graffignano). Ottobre è il mese della castagna, il prodotto tipico dei Monti Cimini, festeggiata un pò dappertutto in quella zona (San Martino, Vallerano, Soriano nel Cimino, Canepina, ecc.) mentre a Latera si festeggia il “marrone”. Novembre è il mese dedicato a San Martino che, non a caso, fa rima con vino. Dicembre è dedicato alle Sagre dell’olio, come i DOP Tuscia e Canino. Conclude Antonio Castello: «Un piatto tipico degustato in un ristorante o in una Sagra si differenzia, oltre che per il costo, per la tipicità. Il piatto della Sagra viene preparato dalle massaie e segue la ricetta tradizionale. Nessun piatto fatto anche da un grande chef, pur di gran pregio, potrà far rivivere le atmosfere di un tempo e far gustare i sapori del piatto tipico delle nostre nonne».

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