NAPOLI – La Campania si conferma maglia nera per obesità infantile: in base agli ultimi dati disponibili, quasi un bambino su due ha problemi di sovrappeso o di obesità. A certificare il triste primato sono le cifre fornite dallo studio Okkio alla salute, il sistema di sorveglianza promosso e finanziato dal Ministero della Salute. Il tema dell’obesità infantile è uno dei principali focus del 53° congresso nazionale della Società Italiana di Chirurgia Pediatrica, che si è aperto oggi a Napoli, presso il complesso di Santa Patrizia dell’Università degli studi della Campania ‘Luigi Vanvitelli’.
La prevalenza cumulativa di sovrappeso e obesità nei bambini italiani di età compresa tra i 6 e i 9 anni è del 32,2%, l’obesità è al 9,4 % e l’obesità grave è al 2,4%. In Campania si registra il 12,6% di obesità, il 6,2% di obesità grave e il 25,4% di sovrappeso, per un totale del 44,2%. Negli adolescenti di età compresa tra 11 e 15 anni, invece, la prevalenza di sovrappeso e obesità in Campania è del 31,6%, a fronte del 22,4% del dato nazionale.
Con il suo 44,2%, quindi, la Campania detiene il dato peggiore in Italia, seguita a stretto giro dalla Calabria, con il 42%. A livello nazionale, invece, un terzo dei bambini tra i 6 e i 9 anni di età è già obeso o in sovrappeso.
Con lo scoppio della pandemia, la situazione è ulteriormente peggiorata e la letteratura scientifica ha iniziato a parlare di ‘covibesity’, mettendo in correlazione lockdown e obesità infantile.
“Il Covid sicuramente ha portato all’aumento dei casi di obesità infantile – sottolinea Alfonso Papparella, professore ordinario dell’Università degli studi della Campania ‘Luigi Vanvitelli’ e presidente del congresso – in quanto ha costretto a una maggiore sedentarietà soggetti che già avevano difficoltà a mantenere uno stile di vita attivo. Oggi l’Oms stima che ci sono 340 milioni di bambini e adolescenti, dai 5 ai 19 anni, che soffrono di un eccesso di peso, una percentuale che è praticamente raddoppiata dall’inizio degli anni ’70 a oggi”.
Ciò che ha fatto degenerare la situazione negli anni, è stata la rapida e progressiva diffusione di cibi che sono ricchi di zuccheri e di grassi: ecco perché la diffusione nelle scuole di una corretta educazione alimentare è molto importante.
“Per l’obesità infantile serve un approccio multidisciplinare che vede in unico team lo psicologo, il pediatra, il nutrizionista, l’endocrinologo pediatra e il chirurgo pediatra. Quando la terapia dietetica e nutrizionale non funziona, quando il cambiamento dello stile di vita, incrementando l’attività fisica, non è sufficiente, anche in età pediatrica si può intervenire con la chirurgia bariatrica”, spiega ancora il presidente del congresso a cui partecipa, tra gli altri, il professore Francesco Penta De Peppo che al Bambin Gesù di Roma, dal novembre del 2012 a oggi, ha effettuato 235 interventi di sleeve gastrectomy. “Questa tecnica – prosegue Papparella – è indicata per quei pazienti che hanno un indice di massa corporea superiore a 40kg per metro quadro, soprattutto in casi di comorbilità di patologie come diabete e ipertensione. Oltre all’approccio tradizionale all’obesità, oltre alla possibilità di un trattamento endoscopico con l’uso di device intragastrici, la figura del chirurgo pediatra sta acquisendo un ruolo sempre più fondamentale per la cura di alcuni pazienti”.