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Salute mentale a rischio per i giovanissimi, colpa anche di alcol, droghe e stress da social network

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NAPOLI – Abuso di alcol e droghe, stress da social network, ma anche un uso di internet distorto.

Sono questi alcuni dei fattori che si stanno innestando nell’insorgenza di patologie psichiatriche sempre più diffuse tra i giovanissimi e non solo. Di questo e molto altro si è discusso a Palazzo Armieri a quasi due anni dalla presentazione alle Istituzioni nazionali della “Carta della Salute Mentale” messa a punto dalla Società italiana di psichiatria (Sip), in collaborazione con la Società italiana di farmacia ospedaliera e dei servizi farmaceutici delle aziende sanitarie (Sifo), il Coordinamento toscano delle associazioni per la salute mentale e la Fondazione progetto Itaca onlus.

Anche i dati disponibili sono pochi e frammentati, dipingono uno scenario allarmante.

Nella sola città di Napoli gli esperti stimano 15mila persone con disturbi psichici in cura ai servizi di salute mentale.

Un numero enorme e in costante aumento e ciò che lascia molto perplessi è anche l’altissima percentuale di minori (quasi il 12% di questi 15mila) che manifesta disturbi psichici. In più c’è il “sommerso”, ragazzi che non arrivano alle cure, e tutti i giovani che ogni anno finiscono in pronto soccorso per disturbi psichici collegati all’abuso di droghe o di alcol.

«Stiamo lavorando con varie Istituzioni per aggregare i dati – spiega il segretario regionale della Sip Andrea Fiorillo -. Purtroppo i giovani non afferiscono ai Servizi di Salute Mentale, eppure oggi il problema di nuove sostanze psicoattive è molto concreto. In questo senso la rete, che di per sé è uno strumento potentissimo, diviene un luogo di pericolo.

Una realtà molto complessa per i ragazzi, che vengono schiacciati dalla pressione dei social, dei like». Fiorillo mette poi in guardia dai pericoli “virtuali”.

«Stando a contatto con i ragazzi si può scoprire che esiste un mondo nel quale, ad esempio, chi soffre di forme gravi di depressione può trovare veri e propri tutorial per il suicidio. O chi ha una dipendenza può individuare “trucchi” per eludere i controlli e non dare troppo nell’occhio.

Alla base di queste situazioni ci sono spesso contesti familiari disgregati, nuclei nei quali manca una comunicazione tra genitori e figli».

Fortunatamente la situazione campana ha molti punti di merito. «La Carta della Salute Mentale – conclude Fiorillo – è stata presentata lo scorso anno e la nostra Regione è stata tra le prime a metterla in pratica.

Bisogna anche ricordare che la Campania è stata tra le prime a istituire una rete per i disturbi del comportamento alimentare, che è una vera e propria epidemia, e il centro Vanvitelli ha il ruolo di effettuare un coordinamento tutte le Asl della Campania e anche l’università di Salerno.

Per quel che riguarda la Carta della Salute Mentale, sono 12 punti che prevedono un coinvolgimento massiccio non solo degli psichiatri, ma anche delle altre Istituzioni. In Campania, tra i vari soggetti coinvolti c’è Itaca onlus, che sta lavorando molto bene».

Molti positivo il bilancio anche Enrico Zanalda, presidente della Sip. «A gennaio il ministero della Salute ha istituito un tavolo ministeriale dedicato a questa tematica alla quale anche la Sip è stata invitata a far parte.

Già nel 2017 avevamo le idee chiare: il nostro obiettivo era sensibilizzare le Istituzioni sull’emergenza rappresentata dalle malattie psichiatriche e lo abbiamo fatto mettendo a punto la Carta della Salute Mentale, che è stata presa in considerazione nel modo corretto».

Anche Zanalda mette in luce i problemi legati alla disgregazione dei nuclei famigliari e l’allarme che riguarda i giovanissimi. «I problemi sono molti, abbiamo da un lato nuove sostanze che vengono commercializzate attraverso il web e sono di facile accesso. D’altro canto abbiamo sostanze che un tempo venivano considerate “droghe leggere” che oggi vengono sintetizzate con di THC molto più elevate di un tempo. Sono droghe tutt’altro che leggere che possono creare grossi danni».

La Carta della Salute Mentale è figlia di due risoluzioni dell’Oms, che ha predisposto un piano d’azione globale per la salute mentale 2013-2020. Obiettivo: sollecitare gli stati membri ad adottarlo, a intraprendere le dovute azioni programmatiche e a stanziare le necessarie risorse. Seguendo queste linee, la Carta riassume le priorità di intervento per migliorare la presa in carico e l’assistenza dei pazienti affetti da disturbi mentali in Italia.

Tre le macroaree sulle quali lavorare: miglioramento della qualità della vita dei pazienti e dei familiari attraverso nuovi approcci terapeutici, sviluppo di politiche integrate per il recupero del paziente psichiatrico e ripensamento organizzativo, strutturale e funzionale dell’area salute mentale all’interno dei sistemi socio-sanitari regionali.

Ma come funzionano oggi i centri di salute mentale? Giulio Corrivetti, segretario regionale consigliere nazionale Sip, spiega che «sono aperti 12 ore, con una condizione di accoglienza che non va a prenotazioni, ma a priorità di intervento per i pazienti che hanno più forti esigenze di cura.

I centri di salute mentale hanno la caratteristica di programmare, gestire e governare (con una regia centrale) l’erogazione dei trattamenti per le persone che hanno un’esigenza di cura».

Su questi temi, sugli obiettivi raggiunti in ogni regione e sulle criticità da portare all’attenzione del tavolo ministeriale si è tenuto il confronto partenopeo degli esperti, con la partecipazione dei referenti Sip delle regioni Campania, Sardegna, Piemonte, Lazio, Puglia, Sicilia ed Emilia-Romagna. Uno dei problemi da affrontare è la carenza di psichiatri che mette a rischio le prestazioni rese dal servizio pubblico. Il tema nasce sia dall’aumento esponenziale della depressione anche nei più giovani, sia dal nuovo carico assistenziale per i servizi determinato
dalla chiusura degli ospedali giudiziari e dall’incremento delle richieste di un’utenza con disturbi che richiedono competenze specifiche come i disturbi gravi di personalità, del comportamento alimentare, le doppie diagnosi da nuove dipendenze, l’autismo dell’adulto e così via.

I dati nazionali mettono in luce un fenomeno inquietante: il 20% delle persone soffre almeno per un certo periodo di un disturbo mentale per cui in quest’ambito più si acquisiscono competenze di diagnosi e cura e più aumentano le persone o i familiari degli stessi che chiedono di intervenire.

Dai dati del sistema informatico salute mentale risultano in carico ai servizi ogni anno oltre 800.000 pazienti in tutta Italia. Di questi oltre 350.000 si rivolgono per la prima volta al servizio nell’anno per cui hanno degli interventi limitati nel tempo per cui su due anni possiamo considerare che vengono assistiti dai nostri servizi pubblici un milione e mezzo di cittadini. In quest’ambito si ritiene che solo una minoranza di soggetti con disagio psichico e soprattutto quelli più gravi vengono intercettati dai Dipartimenti di salute mentale delle Asl. Questo per dare l’idea della rilevanza del problema e dell’impatto che la salute mentale ha sulla salute della popolazione in generale.

Il Tavolo di lavoro voluto dal ministro Giulia Grillo, che avrà durata triennale, prevede un confronto con i principali “attori” del processo di cura in salute mentale finalizzato all’individuazione di quegli interventi destinati a migliorare la prevenzione, la cura e la riabilitazione dei soggetti portatori di disagio psichico. “Accogliamo con grande favore la decisione del Ministero della Salute – continua Zanalda – di ascoltare diverse esperienze regionali e le molteplici figure professionali coinvolte nell’assistenza di queste patologie – non solo psichiatri, ma anche infermieri, psicologi, epidemiologi, associazioni di famigliari e utenti.

Questo consentirà di migliorare la qualità della presa in carico a livello territoriale. Desideriamo infatti un’assistenza equa ed omogenea su tutto il territorio nazionale. In questa prospettiva, siamo qui oggi riuniti con l’obiettivo di individuare quelle priorità di ciascuna Regione che potranno essere oggetto di discussione in seno al tavolo tecnico». Tra i compiti del tavolo ministeriale ci sarà anche quello di approfondire l’esistenza di eventuali criticità riscontrate nell’offerta territoriale, elaborando proposte per il loro superamento, e per l’ottimizzazione e il
potenziamento della rete dei servizi. «In particolare, lavoreremo per verificare lo stato di implementazione delle linee guida, verificheremo l’appropriatezza dei percorsi terapeutici di diagnosi e cura, analizzeremo le criticità a livello territoriale – continua Giulio Corrivetti, Direttore del Dipartimento Salute Mentale Asl Salerno – e ci confronteremo per trovare una soluzione. Ultimo, ma non meno importante, proporremo azioni operative e normative per favorire l’attuazione di modelli riabilitativi maggiormente adeguati».

Fondamentale sarà poi identificare azioni operative e normative che favoriscano l’attuazione dei più appropriati modelli di intervento per la diagnosi, la cura e la riabilitazione psicosociale dei portatori di disagio psichico. “Poter offrire un servizio omogeneo significa molto anche in termini di prevenzione – conclude Corrivetti – perché una diagnosi tardiva comporta la cronicizzazione del disturbo psichiatrico con gravi conseguenze per il paziente, la famiglia ed anche un rilevante impatto economico per il Servizio Sanitario Nazionale».

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